Massimo Ranieri nella sua vita ha un grande rimpianto



Questo articolo in breve

C è un grande rimpianto nella vita di Massimo Ranieri. Nell’autobiografia Tutti i sogni ancora in volo (pubblicata da Rizzoli) l’artista confessa di avere rinunciato all’amore in nome della sua passione definita «divorante» per il lavoro. «Non mi sono mai sposato perché sono stato incapace di un progetto sentimentale serio e duraturo», ammette con amarezza, raccontando una vita che sembra un romanzo popolare. È la storia di un bambino nato povero, passato dalla miseria nera al successo internazionale, sia come cantante sia come attore.



«A sette anni già lavoravo»

Per quanto riguarda il privato di Ranieri, caratterizzato da grande riserbo, la vicenda più nota è la sua relazione giovanile con la cantante Franca Sebastiani. La donna, scomparsa nel 2015. è madre di sua figlia Cristiana, a lungo ignorata e poi riconosciuta pubblicamente da Massimo nel 2007, durante una trasmissione tivù. «Rimpiango di non averlo fatto prima, mia figlia è una ragazza adorabile cui devo l’emozione di essere diventato nonno», dice Massimo.

Nel libro Ranieri rievoca il periodo duro dell’infanzia trascorsa in una famiglia composta da otto figli, quattro maschi e quattro femmine. «A sette anni già lavoravo, andavo a consegnare a domicilio i fiaschi di vino», ricorda. «La sera tornavo a casa stanco e affamato, ma non abbastanza per apprezzare la cena preparata da mia madre, Giuseppina: pasta e patate tenuta in caldo in un piatto messo sotto il materasso. Solo a vederla mi si bloccava lo stomaco; ma, dopo un giorno di digiuno, la mangiavo e la trovavo persino buona». Insomma, nell’età in cui un ragazzo dovrebbe pensare a divertirsi e ad andare a scuola, Massimo va «a’ faticà», come si dice a Napoli, la città di cui lui si dichiara poetica-mente «amico, figlio e sposo».

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L’ex scugnizzo però ha una dote speciale: la sua voce meravigliosa. E il padre Umberto ne incoraggia la vocazione artistica. A quindici anni, lui già si esibisce in pubblico con il nome d’arte di Gianni Rock. «Papà era l’uomo più onesto che io abbia conosciuto. Usciva di casa alle cinque del mattino con una pagnotta sotto il braccio per portare i soldi a casa», ricorda Massimo. «Per diverso tempo mi accompagnò in ogni mio spostamento, fino a quando ci accorgemmo tutti e due che era venuto il momento di separarci: lui aveva il diritto di dedicarsi alla famiglia, io il dovere di andare avanti da solo».

A diciannove anni, Ranieri è l’idolo delle teenager e trionfa nei programmi tivù più importanti come Canzonissima e il Festival di Sanremo. Ma poi, stritolato dallo star System, ha una profonda crisi. «In certi periodi vivevo come in un tunnel, senza nemmeno capire in quale città mi trovassi e che ora fosse», confessa. «Mi lasciavo guidare dal mio staff e mi sentivo talmente insicuro da rifugiarmi nell’alcol. Rischiavo di perdermi e me ne accorsi quella sera a Ischia in cui, dopo un concerto, ero talmente ubriaco da risvegliarmi nel letto della mia camera d’albergo senza però ricordare chi mi ci avesse accompagnato. A quel punto capii che per salvarmi dovevo uscire da quell’ingranaggio distruttivo».

«Mollai la musica e passai al teatro»

È ancora l’arte a salvarlo: «Avevo conosciuto il grande regista Giuseppe Patroni Griffi che mi aveva offerto un ruolo in teatro: un’occasione imperdibile per me che intanto avevo cominciato ad apprezzare le letture colmando, almeno in parte, le lacune culturali. Cosi andai dai miei discografici: “Esco dal mondo della canzone e mi dedico al teatro”. Mi presero per pazzo, eppure non me ne sono mai pentito».

Massimo racconta le sue esperienze cinematografiche e teatrali, diretto da Maurizio Scaparro e da Giorgio Strehler. Di quest’ultimo ricorda: «Mi chiamava Massimino, considerandomi il figlio che non aveva mai avuto». Tra i tanti incontri Ranieri rievoca commosso quello con Anna Magnani: insieme a lei recitò in La sciantosa, un episodio della serie tivù del 1971 Tre donne. «Trovarmi alla presenza di un mostro sacro mi emozionò e fui orgoglioso che Anna fosse affettuosa con me chiamandomi “ragazzi”», dice Massimo.

«Restammo in contatto e una sera lei mi telefonò per chiedermi di andarla a trovare perché si sentiva sola. Stavo per partire per gli Stati Uniti e le promisi che ci saremmo visti al mio ritorno. Pochi giorni dopo lessi che era morta».

Per il suo successo fantastico, però, Ranieri ha pagato un prezzo molto alto. «In amore ho patito tutta la vita perché non sono mai riuscito a trattenerlo», confessa. «Mi è scivolato dalle mani dopo ogni storia finita per la mia incapacità di costruire un legame solido come mi chiedevano, giustamente, le mie compagne. Non sono stato in grado di progettare una famiglia, condizionato dal paragone tra l’esistenza ricca di soddisfazioni di ogni tipo che vivevo da adulto e quella caratterizzata dagli stenti della mia infanzia.

E nel timore di perdere tutte le mie conquiste, vissute anche come un riscatto sociale e sicurezza, ho rinunciato all’amore. Anche il legame con la madre di Cristiana fini con sofferenza, mia e sua, perché all’epoca non capii il dono che mi stava facendo dandomi una figlia».

Oggi, nonostante i rimpianti, l’artista partenopeo vive con pienezza la sua maturità, impegnato nel lavoro, ma anche nel ruolo di padre e di nonno affettuoso. Ed esorcizza lo spettro della vecchiaia, spauracchio di molte celebrità, in poche battute: «Non mi fa paura e, quando mi dicono che con le rughe rassomiglio a Eduardo De Filippo, sono orgoglioso di averle».

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