Raoul Bova, il ruolo di Terence Hill in Don Matteo gli ha cambiato al vita



Una luce nuova, potente, brilla negli occhi di Raoul Bova. A 50 anni, l’attore romano, sex Symbol della televisione italiana, ha riscoperto la fede. Gli è bastato mettersi nei panni di don Massimo, durante le riprese della fiction Don Matteo 13 – che vedremo da marzo su Raiuno -, per capire qualcosa in più di se stesso.



«Da quando ho cominciato mi sono reso conto di quanto l’amore a volte era discriminante: non amiamo sempre tutti, invece cercare di amare tutto e tutti è un lavoro che mi ha fatto crescere come essere umano», ha spiegato l’attore. Che ha “imparato” a fare il prete grazie ai consigli di don Carlo, un parroco di Gorizia che lo ha accompagnato in un autentico percorso spirituale di avvicinamento al personaggio: «Abbiamo parlato molto della vocazione e della scelta», ha spiegato Bova.

Che ha anche aggiunto: «L’arrivo di questo ruolo lo considero un segno: negli ultimi mesi mi capitava spesso di riflettere sulla mia fede». Del resto, non sono stati anni facili per lui: la pandemia, ma anche la scomparsa dei suoi genitori lo hanno segnato nel profondo. Poi, un giorno, è arrivata la chiamata di Luca Bernabei, produttore della Lux Vide, e la vita gli è cambiata all’improvviso, professionalmente e umanamente.

Avvicinandolo a un uomo, don Massimo, che per certi versi gli somiglia. Il nuovo protagonista della fiction incontra la fede tardi, a 40 anni, dopo un passato movimentato. Il suo nuovo percorso, di vita lo porta a Spoleto, accanto a don Matteo, il parroco detective interpretato da Terence Hill. Da lui Raoul raccoglierà il testimone in parrocchia e nel cuore dei fedeli. Oltre che dei telespettatori.
«E un sacerdote in cammino, che cerca la sua strada. Deve imparare a fare il parroco, a stare con la gente.

E anche a fare l’investigatore, che non è proprio il suo primo pensiero quando arriva a Spoleto. Tanto Don Matteo era sicuro di sé, quanto lui è pieno di dubbi, che affronta parlandone con il suo vescovo (interpretato da Giancarlo Magalli, ndr). L’unica cosa che non mette mai in discussione è la sua fede». Insemina, l’arrivo – in motocicletta – di don Massimo è, destinato a smuovere la fiction che, a un certo punto, vedrà uscire di scena – in bicicletta – don Matteo. Una sfida importante per Raoul che, ha ammesso: «Cercavo, desideravo una serie emozionante, che facesse sognare, far andare a dormire le persone felici e farle svegliare con un sorriso di speranza.

Don Matteo è questa. I sentimenti sono passati dalla Felicità alla grande responsabilità. Che cosa riserva il futuro a Raul? Difficile dirlo. Lui le sfide le affronta sin da quando era ragazzo che sognava di andare alle Olimpiadi come nuotatore. un’altra strada: gli ha dato fama e successo, una moglie, Chiara Giordano, due figli, e poi la sofferenza per il matrimonio naufragato. E ancora, il batticuore per un’altra donna, Rocio Munoz Morales, due bambine, e un nuovo slancio professionale che ora lo vede sul set di Don Matteo, del film tv Greta e le favole vere e, presto, su quello di Sandokan, con Can Yaman e Luca Argenterò. Un sogno a occhi aperti per Raoul.



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