45 anni fa nasceva Stefano Cucchi, vittima di un sistema giudiziario corrotto



Ottobre: Un Mese di Emozioni Contraddittorie

Ottobre è un mese dai significati contrastanti per la famiglia Cucchi. Il 17 ottobre segna il triste anniversario della scomparsa della signora Rita Calore, madre di Stefano e Ilaria. Il 22 ottobre, invece, è la data in cui Stefano perse la vita a causa delle mancate cure mediche, della disidratazione e della mancanza di cibo. È morto malconcio, frutto delle violenze subite in caserma proprio il 16 ottobre 2009, alla vigilia del compleanno di sua madre. E oggi, 1° ottobre, è il giorno in cui ricorderemmo il suo 45° compleanno.



Un susseguirsi di date che rende ottobre un mese doloroso, ma allo stesso tempo significativo. È un mix di emozioni che invade l’animo di chi è rimasto. I ricordi felici si intrecciano con il dolore e la rabbia. Chi sopravvive continua a soffrire. Oggi è rimasta solo Ilaria, la sorella di Stefano, che qualche anno fa ha condiviso una dedica commovente per il fratello:

“Ho qui con me la tua foto, quella in cui ridi. Quel giorno in cui eravamo tanto felici. Ce l’ho da sempre e l’ho tenuta chiusa, in attesa di questo momento. Questa foto è la nostra vita insieme, la nostra storia. Questa foto è ciò che mi resta di te. Appenderla alla parete prima di oggi l’avrebbe resa simbolo di dolore e rabbia, quelli di questi 12 anni. Ma non è con dolore e rabbia che voglio tenerti con me per sempre. Questo significherebbe cancellare tutto ciò che di bello siamo stati, seppur per un lasso di tempo drammaticamente breve. È il momento Stefano. Tu per me sarai sempre in quel sorriso. Ed è con quel sorriso che mi accompagnerai nella vita che da oggi in poi vivrò anche per te. Sempre. Ti voglio bene. Tua sorella, Ilaria”.

Un Compleanno Che Non Si Può Festeggiare

Oggi Stefano avrebbe compiuto 45 anni. Ma non c’è più sua madre, che ha vissuto un dolore mai sanato fino all’ultimo. Quando le chiedevano della morte del figlio e del processo, che si è svolto tra insulti, minacce, insabbiamenti e depistaggi, diceva: “Questa storia ci ha distrutto fisicamente ed economicamente, abbiamo passato momenti terribili, abbiamo chiesto prestiti in banca per far fronte alle spese del processo. Il lavoro ne ha risentito, lo studio, dove lavorava anche mia figlia Ilaria, è andato sempre peggio, alcuni nostri dipendenti sono andati via. Per dieci anni non ho mancato un’udienza, poi mi sono ammalata prima io, poi mio marito”.

Il dolore di una donna, di una madre, che ha portato con sé una ferita mai rimarginata fino al suo ultimo respiro. Nel settembre dell’anno scorso, le sue condizioni si erano drasticamente deteriorate. Era malata dal 2019 e, dopo un ricovero d’urgenza in ospedale, non c’era più nulla da fare.

La Giustizia alla Fine del Tunnel

Il caso di Stefano Cucchi è stato segnato da anni di lotte legali. La Corte di Cassazione ha emesso una sentenza definitiva, condannando a dodici anni di reclusione per omicidio preterintenzionale i due agenti Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro. La violenza subita da Stefano durante il pestaggio in caserma è stata definita la causa scatenante di “una serie di fattori sopravvenuti”, tra cui “negligenti omissioni sanitarie”.

La storia di Stefano Cucchi rappresenta un tragico capitolo della giustizia italiana, ma offre anche una lezione importante sulla necessità di una società più giusta e compassionevole. La memoria di Stefano vive attraverso coloro che lo hanno amato e attraverso le speranze di un mondo migliore in cui la giustizia prevarrà sempre.



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