Ana Obregón con il figlio Aless Lequio, morto di cancro



A rivelare la maternità surrogata di Ana Obregón è stato il quotidiano spagnolo ¡Hola!, che ha mostrato in prima pagina un’immagine dell’attrice e conduttrice 68enne mentre esce dal Memorial Regional Hospital di Miami, in Florida, tenendo tra le braccia una neonata nata il 20 marzo. Tuttavia, è stata la stessa Obregón, che nei mesi precedenti aveva confidato solo alle persone più vicine l’intenzione di ricorrere alla gestazione per altri, a confermare la notizia sul suo Instagram, condividendo la copertina del giornale e la sua felicità. “Una luce piena d’amore è arrivata nella mia oscurità.



Non sarò mai più sola”, ha scritto la celebrità iberica, conosciuta in Italia anche per aver recitato negli anni ’80 in serie tv come Voglia di cantare con Gianni Morandi. Per Ana, si tratta di una decisione presa tre anni dopo la tragica scomparsa del primogenito Aless, avuto dal conte italo-spagnolo Alessandro Lequio di Assaba y Torlonia, morto di cancro a 27 anni. La sua scelta, però, sta dividendo la Spagna.

Tra l’emozione per il percorso di sofferenza e rinascita intrapreso dall’attrice e le polemiche sull’età avanzata per diventare madre di nuovo, si è riaperto il dibattito sulla maternità surrogata, traduzione della parola inglese surrogacy, proibita da Madrid dal 2006.

Da un lato, il governo di Pedro Sánchez, con la ministra delle Pari Opportunità Irene Montero, ricorda come la pratica in cui una donna porta avanti la gravidanza per altri, che saranno legalmente e a tutti gli effetti i genitori del nascituro, sia riconosciuta come forma di violenza contro le donne, che spesso in questi casi sono vittime di una chiara discriminazione per povertà.

Dall’altro, l’attivismo delle associazioni che, grazie al caso di Ana, hanno trovato nuova energia per le loro battaglie: come Son Nuestros Hijos, “Sono i nostri figli”, che rappresenta oltre 700 famiglie spagnole in lotta per ottenere una maternità surrogata all’estero e rivendicano la necessità di questa pratica come una delle poche opportunità concrete di diventare genitori per single e coppie LGBT. Nel mezzo, irrompe il Partido Popular, con l’intenzione di riprendere il confronto parlamentare sul tema, aprendo alla maternità surrogata in forma altruistica, cioè senza il pagamento di un compenso alla gestante se non il rimborso delle spese.

Questa è l’unica modalità consentita in alcuni Paesi: Regno Unito, Paesi Bassi, Danimarca, Portogallo e Belgio, dove è comunque riservata solo a chi è residente. In altri Stati, invece, come Russia, Ucraina, Grecia e Georgia, è lecita anche la surrogazione di maternità commerciale, pur con una regolamentazione articolata e variabile a seconda del Paese, e anche negli Stati Uniti, dove Ana Obregón è riuscita a diventare mamma.

Adesso l’attrice dovrà regolarizzare la sua condizione in Spagna, dove la legge consente l’iscrizione all’anagrafe dei figli nati all’estero se esiste una sentenza giudiziaria di un tribunale del Paese in cui è nato il bambino che dimostri il rapporto genitore- figlio.

Una procedura che di recente è stata messa in discussione dalla ministra delle Pari Opportunità spagnola, che propone di perseguire penalmente chi ricorra alla maternità surrogata all’estero, proprio come ipotizzano i due disegni di legge italiani di Lega e Fratelli d’Italia. Nel nostro Paese – che ha appena ricevuto la condanna dell’Europa per il divieto di registrare direttamente all’anagrafe i figli di coppie omogenitoriali nati all’estero con questa pratica – la maternità surrogata è un reato penale punito con la reclusione fino a due anni e una multa fino a un milione di euro.

Le due proposte di legge, nei giorni scorsi presentate in Commissione giustizia di Montecitorio dalla relatrice Carolina Varchi, vorrebbero invece rendere la maternità surrogata un reato universale e perseguirla anche quando realizzata all’estero, estendendo dunque le pene già previste dalla legge 40/2004. Intanto in Marocco, Paese che vieta la gestazione per altri, esperti di 75 Paesi hanno sottoscritto la Dichiarazione di Casablanca, con l’obiettivo di un processo che porti all’adozione di regole condivise e chiare per tutti.



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