Pierfrancesco Favino è stato chiaro e diretto nel suo appello: è giunto il momento che tutti facciano la loro parte per cambiare la percezione che il cinema straniero ha dell’Italia. Il problema, secondo lui, riguarda gli stereotipi radicati nel cinema internazionale, che spesso rappresenta l’Italia attraverso cliché come pizza e mandolino.
Favino ha citato l’esempio di House of Gucci, il film di Ridley Scott, per illustrare il punto. Ha sottolineato ironicamente che persino i Gucci, icona italiana della moda, sono stati interpretati con accenti del New Jersey. Questo, secondo Favino, è un esempio di quanto il cinema straniero tenda a distorcere l’immagine dell’Italia.
L’attore ha portato all’attenzione il caso di Ferrari, il film di Michael Mann, in cui Adam Driver interpreta il ruolo di Enzo Ferrari. Favino ha sottolineato che attori di calibro italiano come Toni Servillo, Adriano Giannini e Valerio Mastandrea non sono coinvolti in questi progetti, e invece si affidano a attori stranieri con accenti esotici.
Favino ha evidenziato il problema dell’appropriazione culturale, sottolineando che se un cubano non può interpretare un messicano, allora non dovrebbe essere permesso a un americano di interpretare un italiano. Questo atteggiamento, secondo l’attore, rappresenta un disprezzo nei confronti del sistema italiano.
In conclusione, Pierfrancesco Favino ha lanciato un appello a “fare sistema” e a lottare contro gli stereotipi culturali che danneggiano l’immagine dell’Italia all’estero. Ha invitato l’industria cinematografica italiana a fare la propria parte per promuovere una rappresentazione più autentica e rispettosa del paese nel cinema internazionale.