La Cassazione ha stabilito che un marito che afferra il collo della moglie può essere accusato di tentato omicidio, anche se non ci sono ferite visibili. Scopri i dettagli di questo caso e le ragioni dietro questa decisione.



La Corte di Cassazione ha emesso una decisione significativa in un caso di violenza domestica. Ha stabilito che un marito che stringe il collo della moglie, anche senza causare ferite visibili, può essere accusato di tentato omicidio anziché solo di maltrattamenti o lesioni. Questo pronunciamento ha importanti implicazioni per i casi di violenza domestica in Italia.



La Difesa dell’Imputato

Nel caso in questione, l’uomo aveva usato violenza fisica sulla sua moglie, ammettendo di averla afferrata per il collo e spinta contro un muro. Tuttavia, la sua difesa aveva sostenuto che il gesto non era stato intenzionale e che non ci fossero ferite gravi o lesioni visibili. L’uomo aveva impugnato la sentenza di secondo grado, cercando di dimostrare di non avere mai avuto l’intenzione di uccidere la moglie.

La Decisione della Cassazione

Nonostante l’argomentazione della difesa, la Cassazione ha respinto gli appelli dell’imputato e ha confermato la condanna a dieci anni di prigione. La Corte ha enfatizzato che ciò che conta sono i “potenziali effetti dell’azione”. Anche se le lesioni sono limitate o assenti, se il gesto ha il potenziale per causare la morte, può essere considerato tentato omicidio.

Le Implicazioni per la Violenza Domestica

Questa decisione della Cassazione è un importante passo avanti nella lotta contro la violenza domestica in Italia. Sottolinea che le azioni violente che mettono a rischio la vita delle vittime non saranno tollerate, anche se non ci sono lesioni visibili. Protegge le vittime e invia un chiaro messaggio che la violenza domestica verrà perseguita con determinazione.

L’aggressione è avvenuta in provincia di Brescia, quando una donna ha chiesto l’intervento dei carabinieri, accusando il marito di aver cercato di strangolarla. Il figlio minore della coppia è intervenuto in aiuto della madre, interrompendo l’aggressione. Nonostante le ferite fossero limitate, la Cassazione ha sottolineato che la potenziale gravità dell’azione è ciò che conta, e ha confermato la condanna dell’imputato a dieci anni di prigione.

Questa decisione rappresenta una pietra miliare nella giurisprudenza italiana e un passo avanti nella protezione delle vittime di violenza domestica. La Cassazione ha dimostrato di prendere sul serio la sicurezza delle vittime e di essere pronta a perseguire i responsabili con fermezza.



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