Una madre racconta il percorso di affermazione dell’identità di genere della figlia transessuale Viola, nata come Damiano, e il supporto della famiglia nel superare ostacoli e pregiudizi.
Claudia, madre di Viola, ha scelto di condividere la propria esperienza partecipando alla campagna sociale di Arcigay “Chiedimi se sono felice”. Il progetto dà voce alle famiglie di giovani transgender, come quella di Viola, che fin da piccolissima ha dimostrato una chiara consapevolezza della propria identità. La bambina, che oggi affronta il percorso di affermazione di genere con serenità, rappresenta un esempio di come il sostegno familiare e sociale possa fare la differenza.
Nel video della campagna, Viola parla con sicurezza: “Io lo dico subito chi sono alle persone, così se mi accettano bene, se no, no”. Questo atteggiamento deciso, racconta Claudia, è il risultato di una vita vissuta senza impedimenti, in cui la famiglia ha sempre accolto Viola per ciò che è. Dalla sua esperienza è nata anche la possibilità di introdurre la carriera alias nella scuola elementare della città, un passo che ha garantito alla bambina un ambiente scolastico inclusivo.
Il percorso di consapevolezza e il coming out
Viola, nata come Damiano, manifestò la propria identità già all’età di tre anni. Claudia ricorda un episodio emblematico: “Eravamo in macchina quando mi disse: ‘Mamma, ti sei sbagliata, volevo la patatina, non il pisellino. Dì a Gesù di farmi uscire come desideravo’.” Nonostante l’iniziale sorpresa, la madre cercò di tranquillizzare la bambina, permettendole di esprimersi liberamente.
Durante l’infanzia, Viola utilizzava asciugamani e federe per simulare capelli lunghi, riempiva i suoi quaderni di glitter e decorava la cameretta con tonalità rosa. Sebbene i genitori la trattassero ancora come Damiano, non le impedirono mai di comportarsi secondo il suo sentire. La consapevolezza della necessità di un percorso di transizione emerse in seconda elementare, quando una maestra definì il comportamento di Damiano come quello di un bambino transgender. Claudia, inizialmente ignara del significato del termine, iniziò a informarsi, trovando il supporto di specialisti e scuole.
La scelta del nome e il sostegno della scuola
Dopo alcune consulenze presso l’ospedale San Camillo di Roma, la famiglia comprese che Damiano era un bambino transgender. Poco tempo dopo, Viola espresse il desiderio di cambiare nome: “Mamma, ma ti sembro Damiano? Questo nome non mi fa stare bene”. Da allora, la bambina è conosciuta come Viola, un nome che rappresenta la sua vera identità.
L’accettazione della scuola e della comunità locale fu immediata. Viola fu la prima alunna nella provincia del Lazio ad avere accesso alla carriera alias in una scuola primaria. “Dalla quinta elementare risultava Viola anche sul registro scolastico, utilizzava il bagno delle femmine e partecipava alle attività come tutte le altre bambine”, racconta la madre. L’unico ostacolo significativo fu il blocco della somministrazione della triptorelina presso l’ospedale di Careggi a Firenze, farmaco fondamentale per il percorso di affermazione di genere.
Le sfide per il futuro e il timore del giudizio sociale
Nonostante la serenità di Viola, Claudia esprime preoccupazioni per il futuro, specialmente riguardo all’accettazione sociale e alle relazioni amorose. “Temo che la società transfobica possa ostacolarla, che i ragazzi non vadano oltre le apparenze o che possa essere ferita da relazioni superficiali”, confessa. Le prime esperienze amorose di Viola hanno già evidenziato queste difficoltà, con bambini che hanno mostrato interesse per lei, ma hanno poi evitato di approfondire il rapporto a causa della sua condizione di transgender.
Un altro timore riguarda eventuali interventi chirurgici futuri. “L’idea di immaginarla in sala operatoria mi spaventa, ma questo è un pensiero che credo accomuni tutti i genitori, indipendentemente dal motivo dell’intervento”, ammette Claudia, sottolineando però che qualsiasi decisione Viola prenderà sarà sempre supportata dalla famiglia.
Le difficoltà burocratiche e la necessità di cure all’estero
La famiglia si trova oggi ad affrontare complicazioni legate alle cure mediche in Italia, dove i ritardi burocratici e le limitazioni legislative costringono molte famiglie a cercare soluzioni all’estero. Il trasferimento in Spagna sembra essere l’unica opzione per garantire a Viola l’assistenza necessaria, ma rappresenta un impegno economico gravoso. Per questo motivo, Claudia ha avviato una raccolta fondi, sperando di poter coprire le spese di trasferimento e trattamento.
“In Italia ci dicono che è presto, che deve parlare con uno psichiatra, ma questo significherebbe patologizzare mia figlia. Viola non è malata, ha solo bisogno di essere compresa”, ribadisce.
Il messaggio ai decisori politici
Claudia ha un appello chiaro per le istituzioni: “Vorrei che i politici ascoltassero le famiglie, che ci conoscessero da vicino. Se fosse tua figlia, cosa saresti disposto a fare per la sua felicità?”. La madre evidenzia come il mancato supporto da parte delle istituzioni possa portare giovani transgender a situazioni di estrema sofferenza, inclusi casi di suicidio.
Nonostante le critiche ricevute per l’esposizione mediatica di Viola, Claudia difende la scelta di raccontare la loro storia: “Mia figlia vuole essere visibile per aiutare altri come lei. Grazie a lei, la carriera alias è stata introdotta nella sua scuola, e molti altri bambini potranno beneficiarne in futuro.”
Viola continua il suo percorso con determinazione, rappresentando un simbolo di resilienza e speranza. La sua felicità e serenità sono il risultato di un contesto familiare e sociale che ha saputo ascoltarla e sostenerla, dimostrando che l’accettazione può abbattere barriere e pregiudizi.
Add comment