Come finisce Attenberg – Le stranezze della vita: trama e finale



A distanza di 14 anni dalla sua presentazione al Festival del Cinema di Venezia 2010, Attenberg arriva finalmente nelle sale cinematografiche italiane a giugno del 2024. Il secondo film di Athina Rachel Tsangari, con Ariane Labed e Yorgos Lanthimos nel cast, offre un nuovo punto di vista sul disadattamento giovanile. Ma con quali risultati? Ecco tutto ciò che c’è da sapere sulla trama e la recensione del film.



La trama di Attenberg: di che cosa parla il film di Athina Rachel Tsangari?

Prima di esplorare la recensione di Attenberg, è utile fornire una panoramica della trama del film. La protagonista è Marina, una giovane che lotta con la repressione sessuale e il disagio nei confronti del mondo maschile. Marina cerca di imparare a baciare grazie all’aiuto della sua amica Bella, che ha una visione molto più libera della sessualità. Suo padre, Spyros, un architetto navale, è affetto da una forma terminale di cancro, costringendo Marina a riflettere sul suo futuro. In questo contesto, conosce un architetto interpretato da Yorgos Lanthimos, con il quale condivide una passione per i Suicide e che la introduce al sesso.

La recensione di Attenberg: un coming of age fin troppo pretenzioso

Dopo aver prodotto i primi due film di Yorgos Lanthimos, Kinetta e Kynodontas, Athina Rachel Tsangari torna alla regia con il suo secondo lungometraggio. Questo film rappresenta idealmente una continuazione del lavoro di Lanthimos, che nel 2009 ha ottenuto grande attenzione internazionale con Dogtooth. Un dittico che rivela molte affinità estetiche e tematiche, specialmente nel trattamento del corpo femminile.

Attenberg può essere definito come un coming of age, ma con un discorso politico di sottofondo. Nonostante presenti elementi tipi del genere, la narrazione sembra concentrarsi su pochi momenti iniziali, rendendo il film a tratti prolisso e ripetitivo. La continuità con Dogtooth è evidente, soprattutto nei dettagli estremizzanti e nell’approccio divisivo alla presentazione estetica e tematica.

Yorgos Lanthimos è noto per un senso estremizzato dell’immagine e per una precisa idea di montaggio. Tuttavia, Tsangari nella sua opera commette l’errore di reiterare messaggi comunicativi al punto di appiattire il film. Un maggiore approfondimento tematico ed estetico avrebbe sicuramente giovato alla pellicola.

L’interpretazione di Ariane Labed è esemplare, soprattutto nella rappresentazione di un disadattamento esistenziale. Questo elemento potrebbe richiamare alla mente il cinema contemporaneo, interessato ai temi di coming of age. Tuttavia, non basta a risollevare un film che lascia molto a desiderare, ripiegando su se stesso e proponendo una serie di atti reiterati che rendono la narrazione ciclica e priva di evoluzione.

Tsangari ha intenzioni politiche ben chiare. Come Lanthimos nel 2009 con Dogtooth, esprime un dissenso antioccidentale nella sua arte. La Grecia di Attenberg è in crisi, devastata economicamente e socialmente. Questo contesto riflette un fallimento ideologico che ha allontanato il bene comune, creando disillusione verso l’ideale socialista.

Attenberg offre tratti di cinema interessanti che riflettono un’arte greca contemporanea in protesta, ma soffre notevolmente nella sua messa in scena. Rimane comunque un racconto di formazione che, nonostante i suoi difetti, tenta di esplorare temi significativi con un linguaggio visivo unico. Desidera comunicare con il mondo, ma finisce per risultare volutamente pieno di sé, lasciando una sensazione di incompiutezza che non soddisfa del tutto lo spettatore.



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