Ghali in visita alla Mecca durante il Ramadan, ma viene notato un dettaglio vietato dall’Islam: “Ipocrita”



Ghali, il noto rapper di origine tunisina ma milanese d’adozione, ha recentemente condiviso un momento di profonda spiritualità con i suoi follower su Instagram. Nel cuore del Ramadan, il mese sacro per i musulmani, Ghali ha intrapreso il tradizionale pellegrinaggio alla Mecca, in Arabia Saudita, unendo la sua devozione a quella di milioni di fedeli nel luogo più sacro dell’Islam. Una foto pubblicata lo ritrae di fronte alla Pietra Nera, indossando una tunica bianca in segno di purezza, con lo sguardo umile e le mani alzate in preghiera.



Tuttavia, un dettaglio non è passato inosservato ai più attenti: un tatuaggio visibile sull’avambraccio destro del rapper. Questo ha scatenato dibattiti e controversie sui social, con un utente che solleva perplessità: “Ghali non sa che è proibito avere i tatuaggi nella religione islamica?”. Il commento ha aperto un vero e proprio dibattito, dividendo l’opinione pubblica tra chi difende la libertà personale di Ghali di esprimere la propria fede come meglio crede e chi, invece, lo accusa di ipocrisia.

La discussione si è arricchita di ulteriori sfaccettature quando alcuni hanno sollevato questioni relative ai diritti delle donne in Arabia Saudita, esortando Ghali a utilizzare la sua influenza per promuovere la parità di genere, soprattutto in un contesto dove le donne affrontano significative restrizioni.

Ghali, dal canto suo, non ha risposto direttamente a queste critiche, ma in un post precedente aveva esaltato il valore del Ramadan come momento di riflessione e gratitudine verso Dio e verso coloro che si schierano dalla parte della giustizia e dell’inclusione. “Dove la politica strappa, gli artisti cuciono. Dove la politica alza i muri, gli artisti creano ponti”, aveva scritto, sottolineando il suo impegno per i diritti umani e l’unità oltre le barriere culturali e religiose.

Il caso di Ghali alla Mecca riaccende quindi una discussione più ampia sulla pratica della fede, sulle libertà individuali e su come queste si interfacciano con le tradizioni e le norme religiose. Nel contempo, apre una finestra sulla responsabilità degli influencer nel promuovere messaggi di uguaglianza e solidarietà, in un mondo che ha più che mai bisogno di ponti, non di muri.



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