Parkinson, racconta il primo paziente operato: «Grazie a un microchip ho superato la mia lotta»



A 66 anni, Gabriele Selmi di Castelfranco Emilia, racconta il cambiamento radicale nella sua vita grazie a un microchip di ultima generazione impiantato per gestire il Parkinson.



“Una sera sì e una no, mi ricarico come un cellulare e al mattino sono pronto a pedalare con energia che non avevo da anni.”

Gabriele Selmi, 66 anni, originario di Castelfranco Emilia (Modena), è il primo paziente in Italia a ricevere un microchip avanzato che controlla il tremore e la rigidità causati dal Parkinson. La diagnosi è arrivata otto anni fa, e da allora Selmi ha iniziato a perdere il controllo dei movimenti. “Quel tremore al braccio destro rendeva impossibile pedalare,” racconta.

L’OPERAZIONE

Selmi parla del suo passato con entusiasmo. “Dopo l’operazione, sono più agile e posso pedalare quasi come prima,” dice. L’intervento, avvenuto a gennaio presso l’Irccs – Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna, ha rivoluzionato la sua vita. “L’impianto di stimolatori cerebrali è una tecnica usata da oltre 30 anni,” spiega Pietro Cortelli, direttore dell’Irccs, “ma questo microchip di nuova generazione stimola i nuclei profondi del cervello e registra l’attività motoria in modo preciso, permettendoci di modulare la stimolazione in base alle esigenze del paziente.”

La procedura ha coinvolto l’impianto di un elettrodo di 1 millimetro di diametro nel nucleo subtalamico, una regione del cervello che regola i movimenti volontari. I neurologi hanno poi ottimizzato la stimolazione. “L’elettrodo è collegato a un sistema che invia corrente per la stimolazione, simile a un pacemaker cardiaco, posizionato nella zona sottoclavicolare,” aggiunge Cortelli. Il sistema può essere ricaricato dall’esterno, eliminando la necessità di sostituire la batteria. “Lo faccio da solo, appoggiando il caricatore sul petto per 10-15 minuti,” spiega Selmi.

Questo microchip blocca i segnali che causano i sintomi motori del Parkinson, permettendo un maggiore controllo sui movimenti rispetto alla sola terapia farmacologica. “Continuo a prendere i farmaci, ma sto riducendo le dosi,” dice Selmi. Il dispositivo registra in tempo reale l’attività cerebrale, permettendo ai medici di ottimizzare la terapia in base alla risposta del paziente.

Selmi ora si gode una nuova vita, appena tornato da una vacanza nel Salento con la famiglia. Attende il prossimo controllo a luglio e poi ogni quattro mesi. “La mia famiglia, mia moglie e i miei due figli, mi hanno sempre sostenuto,” dice Selmi. “L’ho fatto anche per loro, per non essere un peso in futuro.”

IL PROGETTO

Selmi è il primo italiano a beneficiare di questo microchip, ma non è l’unico. L’intervento è stato effettuato su una decina di pazienti a Bologna e in altre città italiane. La ricerca continua, con il progetto Mnesys che si concentra sulla neuromodulazione e mappatura cerebrale per migliorare ulteriormente le cure per il Parkinson. “Stiamo lavorando per identificare le aree cerebrali da stimolare per ottenere risultati sempre più efficaci,” conclude Cortelli, fiducioso che la ricerca continuerà a migliorare le terapie per i pazienti affetti da Parkinson.



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