“Il 7 non l’hanno scoperto ancora.” La frase, quasi una sfida, compare sotto un video TikTok di Silvia Sardone. Nella clip, la consigliera leghista è furiosa in aula a Palazzo Marino, accusa la giunta: “Sei accoltellamenti in una sola serata.” Si riferisce alla notte tra il 25 e il 26 ottobre. Tra i commenti, spunta quello del 17enne G.M. Lui sa bene a cosa si riferisce con “il 7”: il settimo caso, quello in cui è stato coinvolto, era successo già da un paio di settimane.
Intanto, la polizia del commissariato Garibaldi Venezia, guidata da Angelo De Simone, intercetta i cinque ragazzi sospettati. Sono nella sala d’attesa della questura, aspettano di firmare i verbali, e chiacchierano tra loro come fosse un pomeriggio qualsiasi. “Hai visto il video della Sardone su TikTok? Le ho scritto: il settimo non l’hanno ancora scoperto. Te l’ho pure mandato.” Parlano così, con leggerezza.
Il 22enne della Bocconi, colpito a Milano, lotta tra la vita e la morte. E loro? Si scambiano battute, si coprono il viso con le magliette per non farsi vedere ridere. “Fra, la prossima volta ci bardiamo,” scherzano, mimando il gesto di incappucciarsi. G.M. propone persino di mettere tutto sui social: “Eh raga, però io voglio mettere la storia.” Come certi trapper, o i gangster da due soldi che vedono su Instagram.
Non sembrano neppure sfiorati dalla gravità di quello che hanno fatto. Raccontano l’aggressione come se fosse una bravata. “Bro’, io ho fatto così,” dice Alessandro C., 18 anni, mimando le coltellate. G.M. gli risponde: “Minchia, l’ho scassato.” E davanti al fatto che le telecamere hanno ripreso tutto, ridono: “Io voglio vedere il video, voglio vedere se ho picchiato forte.” Alla fine si mettono persino a fare una classifica su chi rischia di più: “L’ordine è: C., io…” e così via.
Poi cercano pure di mettersi d’accordo su cosa raccontare. Ovviamente, puntano a far sembrare tutto una reazione difensiva: “Diciamo che io sono andato lì e che eravamo tutti ubriachi… lui mi è venuto addosso, l’ho spinto, ho visto che metteva la mano in tasca. Stava tirando fuori qualcosa.” Ma non sono tutti convinti. E.Z., anche lui 17enne, cerca di riportarli alla realtà: “Magari quel coglione è ancora in coma, domani muore e ti danno omicidio.” “Ma speriamo bro’, almeno non parla. Tu non hai capito, io gli stacco tutti i cavi,” risponde l’altro, cinico. Poi il terzo, M.M., suggerisce di recitare pentimento: “Andiamo a trovarlo, gli diciamo che ci dispiace, che siamo pentiti… ma a me in realtà non me ne frega.” E se tutto va male, se davvero finiscono a processo? “Eh, vabbè, che cazzo ce ne frega, andiamo nei paesi dove non c’è questa roba.”



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