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Attentato a Ranucci, Marco Travaglio contro i “finti indignati”: “Sono gli stessi che tacciono quando serve”



L’esplosione di una bomba contro Sigfrido Ranucci, noto giornalista e conduttore del programma di inchiesta Report, non deve essere interpretata come un attacco generalizzato a tutti i membri della professione giornalistica. Se così fosse, significherebbe che la democrazia è in buona salute e che il “quarto potere” opera in modo efficace. Tuttavia, un attacco mirato a un singolo giornalista sarebbe privo di senso, poiché un simile gesto dovrebbe estendersi a tutti gli esponenti del settore, generando una reazione collettiva e potenzialmente dannosa per chi lo perpetra.



In realtà, i giornalisti come Ranucci e i suoi colleghi di Report sono figure rare nel panorama informativo italiano. Essi si distinguono per il loro impegno nel portare alla luce notizie scomode e nel porre domande difficili, mentre la maggior parte dei membri dell’Albo professionale tende a mantenere un profilo basso, evitando di disturbare gli interessi consolidati. La bomba, indipendentemente dalle sue origini, appare quindi come un attacco diretto a Ranucci e al programma Report, piuttosto che a una categoria professionale più ampia che, per lo più, non ha mai rappresentato una minaccia per il potere.

Chi ha collocato l’ordigno ha scelto il suo obiettivo con precisione, consapevole del fatto che intorno a Ranucci e Report si trova un vuoto significativo. Da decenni, i politici di vari schieramenti, dalle destre al Partito Democratico, hanno preso di mira il programma, esercitando pressioni e lanciando attacchi. La conduttrice Milena Gabanelli, predecessore di Ranucci, ha subito simili aggressioni, e il suo passaggio a un portale di notizie della Rai non l’ha protetta da attacchi politici. Infatti, Ranucci è stato nel mirino di critiche anche durante l’era di Matteo Renzi, prima che la situazione attuale si delineasse con l’avvento di Giorgia Meloni.

La lista di politici che hanno chiesto la chiusura di Report o che hanno intentato cause contro il programma è lunga. Tra questi, spicca la figura di Maurizio Gasparri, che in un’occasione ha cercato di giustificare le sue critiche a Ranucci con una sceneggiata in commissione di Vigilanza, presentandosi con carota e cognac, simboli di una caricaturale ricerca di coraggio. Gasparri, noto per la sua propensione a denunciare chi lo critica, è un esempio di come alcuni politici reagiscano in modo ipocrita quando si trovano sotto scrutinio.

In aggiunta, ci sono grandi gruppi economici e finanziari che, quando Report si avvicina ai loro affari, non esitano a ricorrere alle vie legali, mostrando un atteggiamento di grave disprezzo nei confronti delle inchieste giornalistiche. Questo clima di ostilità è alimentato anche da una schiera di “giornalisti” e critici televisivi che, piuttosto che sostenere il lavoro di Report, si scagliano contro di esso per proteggere i propri interessi e mantenere il favore del potere.

È importante notare che questo fenomeno non riguarda solo Ranucci. La situazione di isolamento in cui si trovano alcuni giornalisti, magistrati e figure di contro-potere non deriva semplicemente dal loro confronto con il potere, che è un aspetto naturale della professione. Piuttosto, è la loro rarità a renderli vulnerabili, facendoli apparire come deviati o eccentrici. Questa condizione li rende più facili da eliminare o silenziare, poiché la loro voce è percepita come una minaccia a un sistema che preferirebbe mantenere il silenzio.



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