Allora, questa roba è abbastanza pazzesca. In pratica, un gruppo di cervelloni americani di Stanford – sì, proprio quella università che spunta sempre nei film – ha preso dei topi geneticamente modificati che “mimano” l’autismo umano (parliamo di comportamenti ripetitivi, ipersensibilità, isolamento, iperattività e pure crisi epilettiche, mica bruscolini) e gli ha fatto regredire i sintomi.
Come? Ci sono arrivati da due strade: da un lato con un farmaco antiepilettico sperimentale, lo Z944 (nome degno di una missione spaziale), e dall’altro con una figata chiamata “neuromodulazione basata su DREADD”, che in sostanza trasforma i neuroni in bersagli per farmaci specifici. Il tutto puntando una zona precisa del cervello, il nucleo reticolare del talamo – roba che, se non fai neurologia, sembra uno scioglilingua, ma è importante perché gestisce un sacco di traffico tra il talamo e la corteccia.
Il bello è che questa zona non solo è coinvolta nell’autismo, ma pure nell’epilessia – infatti chi è nello spettro ha anche una probabilità molto più alta di avere crisi epilettiche rispetto al resto della gente. Insomma, i ricercatori hanno pensato: “Vediamo se calmando questi neuroni, riusciamo anche a ridurre i sintomi dell’autismo.” E – sorpresa! – ha funzionato. In entrambi i casi, sintomi ridotti nei topi.
Una chicca: hanno visto che pure il modo di camminare (l’andatura) può essere un segnale di autismo. Aggiungilo alla lista di cose che pensavi di sapere e invece no. Tutto questo, ovviamente, ancora in fase super sperimentale e solo nei topi, ma il nucleo reticolare del talamo ora è tipo la nuova superstar per chi cerca terapie.
Se vuoi saperne di più, c’è tutta la sbrodolata di dati pubblicata su Science Advances. Ma già così, direi che la cosa fa ben sperare, no?



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