La 36enne Fatemeh Sakhtemani, architetta iraniana residente a Parma, si era recata a Teheran con il figlio di 18 mesi per farlo conoscere ai nonni. Il 13 giugno, durante il conflitto tra Israele e Iran, i bombardamenti hanno sorpreso la città, causando blackout e interruzione delle comunicazioni . Inizialmente, la madre riusciva ancora a inviare messaggi al compagno, Salvatore Politi, ginecologo a Parma, ma in breve tempo si è persa ogni connessione .
Le autorità italiane, dopo alcuni giorni di incertezza e con gli aeroporti chiusi, hanno deciso di allestire un corridoio umanitario via terra. Ieri, mercoledì 18 giugno, Fatemeh è stata informata dell’organizzazione di un convoglio verso Baku, in Azerbaigian; servivano però i visti, difficili da ottenere, soprattutto in breve tempo . “Se fossi stata sola, sarei rimasta con la mia famiglia”, ha confessato la donna. “Ho fatto tutto questo per mio figlio” .
L’Ambasciatore italiano in Azerbaigian, Luca Di Gianfrancesco, ha agito tempestivamente: la pratica del visto per il bambino è arrivata in tre ore, quella di Fatemeh è stata sbrigata da loro, permettendo la partenza nella mattinata di venerdì 20 giugno da Teheran, con arrivo al confine iraniano nel pomeriggio e attesa notturna .
Al confine sono sorti problemi tecnici per chi non aveva passaporto italiano, ma l’Ambasciatore è intervenuto nuovamente in loro aiuto, garantendo il passaggio e la sicurezza del gruppo . Nonostante la stanchezza del bimbo e l’angoscia materna, Fatemeh ha dichiarato: “Ero sicura che mi avrebbero fatto passare alla fine” .
Sabato 21 giugno, a Baku, padre e madre si sono riuniti: “È stato emozionante e strano allo stesso tempo, sembrava fosse passato tre anni” . La coppia e il bambino sono quindi rientrati in Italia atterrando a Milano Malpensa, poi trasferiti a Parma, accolti da familiari e amici .
In un’intervista alla Tgr Emilia‑Romagna, Fatemeh ha ammesso di aver provato “molta paura”: “Non sono riuscita a contattare i miei genitori, è tutto bloccato”; continua a pensare a loro “ogni secondo” . Secondo Salvatore, sono partiti “giusto in tempo” e ringrazia “la Farnesina, le ambasciate e i funzionari anonimi” che hanno reso possibile la fuga .
Il rientro sicuro della famiglia rappresenta una delle 24 evacuazioni organizzate via terra durante la crisi . La loro storia è una testimonianza toccante del valore della cooperazione diplomatica e dello spirito di protezione materna.
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