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“Che amarezza!”: anche il parroco ricorda Antonello Fassari con la sua celebre battuta ai funerali



Si è tenuto oggi, alle ore 11 in piazza del Popolo a Roma, il funerale di Antonello Fassari, scomparso a 72 anni, volto amatissimo dal pubblico italiano, reso celebre dal personaggio di Cesare nella serie I Cesaroni. La Chiesa degli Artisti ha accolto amici, colleghi, fan e rappresentanti istituzionali per l’ultimo saluto all’attore romano, in una cerimonia carica di emozione e memoria condivisa.



Tra i presenti, numerosi volti noti del mondo dello spettacolo e in particolare del cast della nuova produzione “I Cesaroni – Il ritorno”, segno tangibile dell’impronta profonda lasciata da Fassari nel panorama televisivo italiano. Claudio Amendola, amico e collega storico, ha letto la preghiera degli artisti, commuovendo l’intera platea. All’esterno della chiesa, visibilmente scosso, Max Tortora ha dichiarato: “Se n’è andato troppo presto”, riassumendo il dolore di chi lo ha conosciuto sul set e nella vita.

A testimoniare la rilevanza pubblica e il riconoscimento nazionale per l’attore, era presente anche il portavoce del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, un gesto che sottolinea l’affetto trasversale che circondava la figura di Fassari. All’uscita del feretro, un applauso spontaneo ha accompagnato il saluto finale, mentre una sciarpa della Roma, squadra del cuore dell’attore, veniva adagiata sulla bara.

“Che amarezza”: l’omaggio del parroco tra fede e ironia

Durante l’omelia, don Walter Insero, visibilmente commosso, ha reso omaggio all’attore con parole profonde e sincere. Citando la battuta più famosa di Fassari, “Che amarezza!”, il sacerdote ha saputo fondere spiritualità e umanità, ricordando come l’attore avesse fatto sorridere milioni di italiani pur restando un uomo dalla sensibilità rara.

“L’uomo è creato per un fine di felicità che non è terreno. Antonello è già tornato a Dio e magari sarà lì a dire: ‘Che amarezza!’” ha detto il parroco, raccogliendo un sorriso malinconico tra i presenti. Ha poi continuato con le parole di Sant’Agostino: “Non piangiamo perché ce l’hai tolto, ma ringraziamo Dio perché ce lo hai donato”, evocando un messaggio di speranza e riconoscenza.

Una carriera tra teatro, tv e profonda umanità

Fassari, diplomato all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico, ha saputo attraversare con versatilità tutte le stagioni del palcoscenico e della televisione, lavorando con Luca Ronconi, Eduardo De Filippo e portando sul piccolo schermo personaggi iconici capaci di restare impressi nella memoria collettiva. Il parroco ha sottolineato: “Un uomo di cuore, colto, gentile. Un grande interprete che sapeva essere leggero senza mai perdere profondità”.

Il ricordo si è arricchito con un aneddoto toccante: “Ho visto un’intervista in cui si commosse vedendo un francobollo con l’immagine della figlia Flaminia. Si asciugò le lacrime. Questa è la vera umanità: non nascondere la fragilità, non schermarsi dietro il successo”. Un passaggio che ha toccato il cuore di tutti, testimoniando quanto l’uomo dietro l’attore fosse ancora più prezioso della sua maschera scenica.

Le ultime parole di fede: “Per l’anima farà giorno”

A conclusione della celebrazione, don Insero ha voluto ricordare una delle ultime opere portate in scena da Fassari, intitolata proprio “Per l’anima farà giorno”. Un titolo che si è trasformato in messaggio spirituale: “Mi piace pensare all’espressione ‘Che amarezza!’, a cui possiamo rispondere con il titolo del suo spettacolo: ‘Per l’anima farà giorno’. La morte non è fine, ma passaggio verso la luce”.

“Antonello era uno che brillava negli occhi quando parlava, perché credeva davvero in quello che diceva”, ha aggiunto il sacerdote. La sua capacità di esporsi in prima persona, la coerenza e l’entusiasmo per la vita, anche nei momenti difficili, sono stati ricordati come elementi fondanti della sua personalità.

La folla raccolta a piazza del Popolo ha testimoniato l’enorme affetto per un uomo che, pur interpretando ruoli comici, ha saputo trasmettere valori profondi, mai urlati, ma sempre vissuti con autenticità. La sua romanità schietta, il suo amore per il teatro, per la Roma calcio e per la vita in tutte le sue sfumature, resteranno impressi nel ricordo collettivo.

Non è stato solo un addio a un attore, ma a un amico di famiglia per tanti italiani, capace di entrare nelle case con un sorriso e restare nel cuore con una lacrima. Il feretro, avvolto tra applausi, fiori e la sciarpa giallorossa, è uscito dalla chiesa tra sguardi velati di malinconia e un’ultima, ironica battuta che ora suona come preghiera: “Che amarezza!”.



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