La questione del lockdown nazionale, imposto dal governo Conte-bis, continua a suscitare interrogativi e polemiche. Recenti dichiarazioni del professor Luca Richeldi, ex membro del Comitato tecnico scientifico (Cts), hanno messo in luce dettagli inquietanti riguardo alle modalità con cui fu adottata questa decisione. La memoria collettiva degli italiani è ancora segnata dall’annuncio televisivo del presidente del Consiglio, che estese il confinamento dalla Lombardia all’intera Nazione.
Durante un’audizione, Richeldi, direttore dell’Unità operativa complessa di pneumologia e del Cemar – Centro malattie dell’apparato respiratorio del Policlinico universitario Agostino Gemelli, ha rivelato che la decisione di attuare un lockdown totale non fu presa in un incontro ufficiale del Cts. “Non ricordo chi fu il primo a parlarne”, ha affermato Richeldi, specificando: “Sicuramente non io”. In un contesto di grande confusione, la scelta non fu basata su evidenze scientifiche, poiché non esistevano precedenti recenti di situazioni simili. Gli esperti speravano che una chiusura totale potesse limitare la diffusione del virus, ma la decisione venne presa al di fuori dell’ambito ufficiale.
Richeldi ha chiarito che l’estensione della zona rossa a tutta Italia fu decisa in una riunione che si tenne presso la sede della Protezione Civile, alla presenza di Conte e di altri membri del governo. “Di tale riunione non esisterebbe neppure un documento ufficiale”, ha aggiunto, evidenziando la mancanza di trasparenza nel processo decisionale.
La vicepresidente dei senatori di Fratelli d’Italia, Antonella Zedda, ha commentato la situazione definendola “una decisione draconiana presa col favore delle tenebre”. Secondo Zedda, l’incontro segreto avvenne il 7 o l’8 marzo 2020, poche ore prima dell’annuncio del DPCM che chiuse l’Italia. In contrasto con le richieste ufficiali del Cts, che proponeva la chiusura solo di alcune aree, il governo decise di attuare un lockdown totale. “È una circostanza grave quella di aver depotenziato il Parlamento durante l’emergenza Covid”, ha dichiarato, sottolineando l’importanza di convocare Conte in commissione.
Nel corso della stessa audizione, Richeldi ha anche affrontato la questione dei vaccini anti-Covid, smentendo l’idea che questi potessero garantire una protezione totale dal contagio. “Il vaccino non impedisce che la persona entri a contatto col virus”, ha spiegato l’esperto. Questo mette in discussione l’affermazione dell’allora presidente del Consiglio, Mario Draghi, che giustificò l’introduzione del Green Pass con la necessità di proteggere la popolazione. Alice Buonguerrieri, capogruppo di Fratelli d’Italia in Commissione Covid, ha sottolineato che “il vaccino, nonostante la propaganda mediatica martellante, non era quella pozione miracolosa che avrebbe salvato tutti”.
Buonguerrieri ha evidenziato che il Green Pass non garantiva di incontrare persone non contagiose, contrariamente a quanto sostenuto da Draghi. “L’appello a non vaccinarsi è un appello a morire, sostanzialmente. Non ti vaccini, ti ammali, muori. Oppure fai morire”, ha affermato, criticando le politiche adottate durante la pandemia.
La rivelazione di Richeldi ha aperto un dibattito sulla trasparenza e sull’efficacia delle decisioni prese durante l’emergenza sanitaria. La commissione Covid, secondo Zedda, sta lavorando per far cadere il “castello di verità assodate” costruito durante gli anni della pandemia, cercando di ricostruire una narrazione più chiara e basata sui fatti. La necessità di una maggiore trasparenza e responsabilità nelle decisioni politiche è ora più che mai evidente, mentre il paese cerca di fare i conti con le conseguenze delle scelte fatte in un periodo di crisi.



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