Diaby Aboudramane, un giovane che un tempo era considerato una promessa del calcio, è stato condannato a sedici anni e otto mesi di carcere per il sequestro di Danilo Valeri. L’episodio è avvenuto la notte del 23 dicembre e sembra essere legato a un debito di droga. Osvaldo Gonzalez, che ha collaborato con Aboudramane nel rapimento, ha ricevuto una pena di sei anni e otto mesi.
In passato, Aboudramane aveva giocato con la squadra della Roma Primavera, ma la sua carriera sportiva ha subito una brusca interruzione, portandolo verso la criminalità. Le ragioni di questo cambiamento di percorso non sono ancora chiare.
L’avvocata di Aboudramane, Eleonora Nicla Moiraghi, ha dichiarato che presenterà ricorso in appello. Ha espresso perplessità sulla decisione del tribunale, affermando: “Al di là della criticabile decisione di affermare la penale responsabilità, in assenza di prova certa o anche solo sufficiente, la pena è palesemente squilibrata rispetto al riconoscimento dell’ipotesi lieve di reato”. Ha aggiunto che confidano nell’intervento della Corte di Assise di Appello.
Il rapimento di Danilo Valeri è strettamente collegato al mondo della droga. Valeri, figlio del noto Maurizio Valeri, conosciuto come il ‘Sorcio’ di San Basilio, è stato coinvolto in questo episodio in un contesto dove le piazze di spaccio si sono trasferite su piattaforme come Telegram. Nonostante l’evidente coinvolgimento, né Danilo né suo padre hanno fornito informazioni agli inquirenti, rispettando il codice del silenzio tipico del mondo criminale.
Durante le indagini, i carabinieri hanno analizzato le immagini delle telecamere di sorveglianza che mostrano chiaramente Danilo Valeri mentre esce da un ristorante e viene avvicinato da Diaby Aboudramane, che lo costringe a salire su un’auto. Nonostante le reticenze delle vittime nel collaborare, queste prove visive sono state fondamentali per l’arresto dei responsabili.
La vicenda ha suscitato grande scalpore, soprattutto per il coinvolgimento di un giovane che aveva davanti a sé un futuro promettente nel mondo del calcio. La comunità si interroga su cosa possa averlo spinto a deviare verso una strada così pericolosa.
Nel frattempo, le indagini proseguono per chiarire ulteriormente i dettagli dell’accaduto e per identificare eventuali altri complici o mandanti. Nonostante l’omertà che caratterizza spesso questi ambienti, le autorità sono determinate a fare luce su questo caso.
La sentenza ha sollevato diverse reazioni, sia nell’ambito legale che in quello sociale. Mentre l’avvocata di Aboudramane continua a sostenere l’innocenza del suo assistito o, quantomeno, la sproporzione della pena inflitta, l’opinione pubblica rimane divisa tra chi chiede giustizia severa e chi auspica una possibilità di riabilitazione per i giovani coinvolti in attività criminali.
In conclusione, la storia di Diaby Aboudramane rappresenta un caso emblematico delle complessità legate al crimine giovanile e alle influenze negative che possono deviare anche le carriere più promettenti. La speranza è che da questa vicenda possano emergere lezioni utili per prevenire futuri episodi simili e per offrire ai giovani alternative concrete rispetto alla criminalità.
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