Le critiche di Giovanni Floris al governo italiano sono emerse durante l’ultima puntata di Otto e Mezzo, il talk di approfondimento politico di La7 condotto da Lilli Gruber. Al centro del dibattito, la posizione dell’esecutivo sulla crisi in Medio Oriente, dove l’Italia ha espresso la propria disponibilità a partecipare a una missione di pace in coordinamento con gli Stati Uniti, nell’ambito del piano di tregua attualmente in corso tra Israele e Hamas.
Floris, volto di DiMartedì su La7, ha espresso forte scetticismo sul ruolo dell’esecutivo di Giorgia Meloni, accusandolo di aver ostacolato le manifestazioni pro-palestinesi e di aver “ridicolizzato i partecipanti”. Il giornalista ha inoltre sottolineato l’inazione del governo anche in seguito all’attacco alla Flotilla, durante il quale deputati ed eurodeputati italiani sono stati arrestati da Israele in acque internazionali.
Pace a gaza, Floris e Gruber schiumano di rabbia pic.twitter.com/7iVUrkmxhb
— DC News (@DNews10443) October 10, 2025
“Occorre una notevole forza di volontà per non intervenire”, ha affermato Floris con tono critico, aggiungendo che “il governo non ha avuto alcun ruolo attivo nella trattativa” per la tregua. A suo avviso, l’unica posizione politica assunta dall’Italia è stata quella di seguire la linea di Trump, rimanendo “silenziosamente dalla parte di Israele” e tentando di ostacolare le sanzioni richieste dalla comunità internazionale.
Il giornalista ha insistito sul fatto che le mobilitazioni mondiali, spesso ignorate o sminuite, hanno invece avuto un ruolo determinante nella pressione sull’opinione pubblica globale. In particolare, ha citato la manifestazione di Amsterdam, definendola “davvero impressionante” e in grado di “colpire Trump e l’opinione pubblica”.
Floris ha poi collegato la vicinanza politica tra Meloni e Trump a una “affinità di linguaggio”, sostenendo che entrambi mostrano atteggiamenti sprezzanti verso il dissenso. “Pensiamo a come Trump ha trattato Greta Thunberg e a come Meloni ha trattato i manifestanti figli di papà”, ha affermato, aggiungendo che “dalla parte di Trump non abbiamo ottenuto alcun vantaggio”.
In merito all’accordo di pace raggiunto in Medio Oriente, il giornalista si mostra scettico. “Che si tratti di una giornata storica o meno, lo dirà la storia”, ha affermato. “Sicuramente è una buona giornata, perché smettono di morire le persone e vengono liberati gli ostaggi”, ha aggiunto, evidenziando tuttavia delle riserve sulla narrazione dominante.
Floris contesta la definizione stessa di “accordo di pace”, sottolineando come essa presupponga una guerra formale. “In questo caso non c’era una guerra, c’era Israele che sterminava i civili”, ha affermato. Secondo lui, la tregua non è il risultato di una trattativa bilaterale, ma una resa di fronte alla pressione internazionale.
A fermare Netanyahu, secondo il giornalista, è stata la perdita di supporto globale. “Israele era rimasto isolato nell’opinione pubblica mondiale”, ha spiegato. Trump avrebbe agito non per ideali, ma per opportunismo politico, come spesso accade secondo Floris.
“Non ritengo che Trump sia né buono né cattivo, agisce sempre in base al proprio tornaconto”, ha concluso. In questo caso, opporsi a Netanyahu rappresentava la scelta più vantaggiosa, anche grazie a quella mobilitazione globale disprezzata ma determinante, alla quale Floris ha voluto restituire piena dignità e valore.



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