​​


Ho partecipato per la prima volta alla festa in ufficio di mio marito solo per vedere la sua altra “moglie” lì – e poi ha avuto quello che si meritava



Qualche tempo fa, io e mio marito stavamo guardando un film sul suo portatile. Lui si alza per andare in bagno e, proprio in quel momento, compare una mail:



“Gentile Sig. Philips, siamo lieti di annunciare che si avvicina la festa di Capodanno! Dress code: White Party. Potrà portare un accompagnatore (sua moglie).

Indirizzo…”

Finalmente! La sua azienda non aveva mai permesso di portare un accompagnatore. Ma con l’avvicinarsi della data, lui non disse una parola. Quando gli chiesi della festa, rispose che avrebbe lavorato. Bene… ma stavolta decisi di verificare di persona: dopotutto, il mio nome era sulla lista!

Così, il giorno stabilito, mi presentai tutta vestita di bianco. Alla reception:

Manager: «Il suo nome, per favore?»

Io: «Sono J. Philips, la moglie di O. Philips.»

Manager (ridendo): «Bella prova!»

Io: «Come, scusi?»

Manager: «Il signor Philips è già dentro… con la sua vera moglie.»

E mi indica mio marito, intento a baciare un’altra donna. Ma che diavolo?!

Manager: «Vede, la vera signora Philips la vedo molto più spesso di lei…»

Lì ho iniziato a pianificare la mia vendetta. Ma il destino è stato più veloce di me. La mattina dopo ricevo una telefonata.

Era l’ufficio HR. Non il mio: il suo.

«Signora Philips? Sono Gabrielle della Nexus Corp. Dobbiamo chiarire alcuni dettagli… riguardo lo stato civile del signor Philips.»

Quasi mi andò di traverso il caffè. «Come, scusi?»

Lei continuò: «Sembra ci sia stata una discrepanza su diversi documenti interni, in particolare per quanto riguarda i benefici per il coniuge e i contatti di emergenza. Stiamo conducendo una verifica interna.»

A quanto pare, “il signor Philips” mi aveva indicata su alcuni moduli e… lei – la donna della festa – su altri. E come se non bastasse, la società aveva appena concluso una fusione, con tanto di incrocio legale di tutti i documenti.

Fu allora che capii: stava cercando di vivere una doppia vita.

All’inizio mi sentii umiliata, ferita, furiosa. Ero lì a chiedermi come l’uomo con cui dividevo il letto potesse aver fatto una cosa simile. La sua presunta “vera moglie” si chiamava Lenora: l’aveva conosciuta tre anni prima a un convegno fuori città.

E lei non sapeva nulla di me.

Così, invece di urlare o fare scenate, la chiamai. All’inizio non mi credette. Allora le proposi di incontrarci. Portai il nostro certificato di matrimonio, le foto delle nozze, l’atto del mutuo, le polizze assicurative dove io ero indicata come coniuge.

Le si riempirono gli occhi di lacrime. «Abbiamo appena chiesto un prestito insieme… mi ha detto che la sua ex moglie era morta.»

Morta. Davvero.

Così facemmo ciò che ogni donna tradita e con un minimo di rispetto per sé stessa farebbe: lasciammo che fosse la verità a parlare.

Lei portò i suoi documenti, io i miei, e li inviammo al reparto legale della Nexus Corp. E anche all’ufficio benefici. Nel giro di 48 ore, fu sospeso. Dopo una settimana, licenziato.

Mentire sullo stato civile in documenti legali legati a polizze aziendali? Molto malvisto.

Ma non finì lì.

Una volta disoccupato, entrambe avviammo le pratiche di divorzio. Sì, entrambe. Perché legalmente solo una di noi era davvero sposata con lui: io. Il matrimonio di Lenora era basato su documenti falsificati in un altro Stato. Lei, per fortuna, non era mai stata legata legalmente a quell’uomo.

E comunque lo citò per frode. E vinse.

Quanto a me? Presi la casa. E l’auto. E mi assicurai che non potesse toccare il mio fondo pensione, che per fortuna era sempre rimasto a mio nome.

Ironico: credevo che il karma fosse lento.

Questa volta arrivò con furia… e con tanto di scia di documenti.

Ricordo ancora il suo volto quando gli consegnai le carte davanti al tugurio in cui si era trasferito. Prima sorpreso, poi spavaldo, poi semplicemente… sconfitto.

Non urlai. Non mi vantai.

Sorrisi e dissi solo: «Avresti dovuto ballare con tua moglie vera alla festa. Forse avresti ancora il lavoro.»

Non rispose.

Ecco la verità: il tradimento fa male, ma apre la strada. Mi ha mostrato chi sono quando tutto è in gioco. E, stranamente, mi ha portato Lenora nella vita: una donna che capiva esattamente ciò che stavo vivendo, perché l’aveva vissuto anche lei.

Ogni tanto ci vediamo per un brunch. Parliamo di come due donne intelligenti e realizzate si siano ritrovate intrappolate nella stessa rete. E ridiamo. Tanto.

Perché alla fine, lui ha perso due mogli, una carriera e il piccolo impero di bugie che aveva costruito.

E noi? Ci siamo riprese la nostra pace.

La verità, se sei paziente e attento, si rivela da sola. Non sempre serve bruciare i ponti: a volte il fuoco si accende da sé.



Add comment