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Ho promesso ai miei fratelli che avrei condiviso l’ultimo diario di papà, ma invece lo sto nascondendo



Mio padre è morto l’anno scorso, e il dolore è stato stranamente pratico: scartoffie, telefonate, e il dover pulire una casa che profumava ancora del suo dopobarba.
Mentre rovistavamo tra le sue cose, ho trovato un piccolo quaderno a spirale nascosto dietro dei vecchi manuali. Sulla prima pagina c’era scritto: “Se qualcuno legge questo, mi dispiace.”
Sembrava un oggetto di scena di un film, onestamente.



Mio fratello e mia sorella erano con me, e ho detto che l’avrei scansionato per inviarlo a tutti, perché sembrava un messaggio finale. Loro hanno annuito, tipo: “Sì, fallo.”
Ma poi l’ho portato a casa e ho iniziato a leggerlo da solo, al tavolo della cucina, e lì mi sono bloccato.

Non era una lettera d’amore o di saggezza. Era… lui.
Disordinato, amaro in certi punti, divertente in altri.
E c’erano parti in cui parlava di noi in un modo per cui non ero pronto.
Non c’erano abusi o rivelazioni terribili, solo pensieri crudi, onesti, che non aveva mai detto ad alta voce.

Scriveva che mia sorella “ha sempre bisogno di un pubblico”, che mio fratello “sa approfittare delle situazioni quando conta”, e poi un’intera pagina su di me — “quello affidabile”, ma anche “quello difficile da raggiungere emotivamente”.

So che le persone sono complesse, e che un quaderno non è un tribunale, ma leggerlo mi ha comunque ferito.
È stato come prendere un pugno, e allo stesso tempo come se stessi spiando qualcosa che non avrei dovuto vedere.

Ora i miei fratelli continuano a chiedermi, con nonchalance: “Ehi, hai mai inviato quella cosa del diario?”
E io continuo a rispondere: “Sì, ci sto lavorando, sono stato occupato.”
Sono passati mesi.

Non sto proteggendo la memoria di papà: sto proteggendo me stesso dalle conseguenze, e sto anche proteggendo loro dal leggere parole che rimarrebbero nelle loro teste per sempre.
Mi sento come se avessi rubato qualcosa, ma non riesco nemmeno a sopportare l’idea di essere la persona che, anche involontariamente, fa esplodere una granata nella nostra famiglia.

Così lo tengo in un cassetto, come se, col tempo, potesse semplicemente dissolversi da solo.



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