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I nuovi preserali non finiscono più: fino alle 22 con Scotti e De Martino, la fascia d’oro per gli spot



Questo progressivo slittamento degli orari ha generato un forte malcontento tra i telespettatori, molti dei quali faticano a seguire programmi troppo lunghi o che terminano in piena notte. La domanda è inevitabile: che fine ha fatto la prima serata?



Secondo Massimo Scaglioni, docente universitario di media, la prima serata non è scomparsa, ma ha subito una profonda trasformazione, legata soprattutto al cambiamento delle abitudini del pubblico e all’evoluzione dell’offerta televisiva. La fascia dalle 20.40 alle 21.50, storicamente definita access prime time, è diventata di fatto il nuovo “cuore” della programmazione serale, capace di attrarre grandi ascolti grazie a programmi come Affari tuoi o La ruota della fortuna.

Questo spostamento, però, ha causato quello che viene definito “effetto stanchezza”: un affaticamento del pubblico, costretto a seguire la tv fino a tardi. Alcune reti stanno cercando di correre ai ripari. Williams Di Liberatore, direttore dell’intrattenimento serale Rai, ha dichiarato che l’obiettivo è far partire Affari tuoi alle 20.35 e iniziare la prima serata vera e propria alle 21.30. Tuttavia, nei fatti, i cambiamenti sembrano minimi.

Lunedì scorso, per esempio, Affari tuoi con Stefano De Martino si è concluso alle 21.44, seguito da un breve riassunto di Blanca, 4 minuti di pubblicità e l’inizio effettivo della fiction alle 21.49. Su Canale 5, La ruota della fortuna è terminata alle 21.57, seguita da un riassunto del Grande Fratello di mezz’ora e altri spot. L’arrivo in studio di Simona Ventura è avvenuto solo alle 22.

Il critico televisivo Antonio Dipollina sottolinea che la Rai sta cercando di anticipare la messa in onda per contrastare l’exploit di ascolti ottenuto da Canale 5 durante l’estate. Fino a quando Affari tuoi otteneva ottimi risultati e Striscia la notizia faceva numeri più bassi, il sistema reggeva. Ora, con i buoni risultati di Gerry Scotti e delle sue trasmissioni, la situazione si è ribaltata.

Dipollina evidenzia come il pubblico desideri sempre più spesso contenuti fruibili in tempi ragionevoli: episodi da 50 minuti che permettano di andare a dormire senza sacrificare ore di sonno. È uno dei motivi per cui molti si spostano sulle piattaforme on demand, che offrono contenuti rapidi, personalizzati e liberi da vincoli d’orario.

Il problema riguarda anche la sostenibilità economica della prima serata, soprattutto per la Rai. Alcune fiction ad alto budget, come Màkari, partite recentemente con ascolti inferiori alle aspettative, mettono a rischio l’investimento. Se la fascia delle 21.30 in poi continua a perdere attrattiva, le reti rischiano di ricorrere a contenuti di riempimento come repliche e film poco incisivi.

A peggiorare il quadro c’è la questione della gestione editoriale. Secondo il critico Maurizio Caverzan, uno dei problemi principali è la mancanza di direttori di rete capaci di dare identità ai canali. Oggi l’unico rimasto con un ruolo definito è Andrea Salerno a La7. Questa figura, un tempo centrale, è oggi quasi scomparsa, e senza una guida chiara le reti sembrano inseguire tendenze senza una linea editoriale coerente.

Caverzan è netto: gli inserzionisti pubblicitari sembrano contare più del pubblico. L’access prime time, prezioso per gli spot, ha preso il sopravvento, ma rischia di diventare un boomerang. Eccesso di pubblicità, palinsesti dilatati, ritmi rallentati: tutto ciò allontana lo spettatore medio, che trova rifugio nelle piattaforme streaming.



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