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I toni di Burioni verso chi denuncia reazioni avverse da vaccino Covid suscitano controversie



Il virologo Roberto Burioni, noto per il suo ruolo di divulgatore medico, ha recentemente suscitato reazioni indignate dopo aver definito con toni sprezzanti chi denuncia presunte reazioni avverse al vaccino anti‑Covid. In un post su Facebook, Burioni ha dichiarato: “Io ho disprezzo per gli arroganti somari anonimi che pretendono, in un italiano claudicante, di spiegarmi materie che io studio da 40 anni…”, aggiungendo che “i danni da vaccino a mRNA contro il Covid esistono solo nella vostra testa” e definendo tali persone “disagiati mentali”  .



Queste affermazioni hanno suscitato reazioni dure tra chi ha denunciato effetti avversi dopo l’inoculazione. L’ironia tagliente di Burioni è stata interpretata come un atteggiamento denigratorio nei confronti di persone che chiedono ascolto da parte delle istituzioni e sostegno rispetto alle loro preoccupazioni. Nel suo messaggio, Burioni affermava inoltre che, sebbene i danneggiati abbiano ragione a cercare risposte, “io non faccio parte delle istituzioni, e non sono tenuto a farlo”  .

L’articolo originale, firmato da Gianluigi Paragone, critica Burioni per aver assunto un linguaggio aggressivo e autoassolutorio, sostenendo che il virologo si pone in una posizione di sapere assoluto, privo di apertura al confronto. Paragone descrive Burioni come qualcuno che, dopo quarant’anni di studio, “può chiudere gli occhi e di acquietare il cervello così stressato… con la coscienza a posto” e che usa toni volutamente popolari per rivolgersi al pubblico pur mantenendo una distanza di supremazia culturale  .

L’autore paragona poi i rilievi di Burioni ad un’opera lirica volgare, nella quale il virologo “sburioneggia”, ossia rimprovera e deride gli altri con disprezzo, chiamandoli “somari” e “disagiati mentali”, con un tono quasi pastorale nel suo linguaggio ma fatto di insulti pesanti. Secondo Paragone, questa modalità comunicativa risulta fantozziana e contraddittoria: Burioni pretende di confrontarsi con il “volgo” ma lo insulta nello stesso momento  .

Paragone conclude con una provocazione ironica, suggerendo che le istituzioni dovrebbero rispondere a queste denunce, e persino che Fabio Fazio dovrebbe dare un pianoforte terapeutico a Burioni, soffermandosi sul ruolo simbolico della frustrazione e dell’espressione artistica mai realizzata  .


In questo contesto, emergono alcuni punti chiave:

  • Burioni utilizza un linguaggio fortemente esclusivo, basato sulla propria lunga esperienza, ma lo fa mettendo in ridicolo chi segnala sintomi post‑vaccino.

  • Le stesse persone considerate «ignoranti» o «disagiati» sono state definite da lui come soggetti legittimati a chiedere attenzione, pur essendo esclusi dai canali istituzionali.

  • L’approccio comunicativo risulta polarizzante e poco conciliabile con l’obiettivo pubblico della scienza e della divulgazione medica.

Dato il tono fortemente polemico delle sue affermazioni, è prevedibile che crescano le richieste di indagini e verifiche da parte di organismi preposti, con una crescente pressione affinché le reazioni avverse siano indagate con trasparenza e rispetto del cittadino. Inoltre, permane un dibattito sull’opportunità che un medico e divulgatore mantenga toni più rigorosi e meno offensivi in contesti pubblici.

In ultima analisi, il caso sollevato da Paragone evidenzia una frattura crescente tra il linguaggio accademico e la sensibilità dei cittadini che segnalano effetti collaterali. Sebbene la sicurezza dei vaccini a mRNA sia supportata da evidenze scientifiche, la modalità comunicativa può risultare a tratti controproducente per il dialogo pubblico.



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