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Il marito della Picierno, da perfetto suddito, spinge la Ministra Bernini a intervenire contro una docente che ha scritto un post favorevole all’esercito russo



Si è verificato un episodio di sbarazzamento presso l’abitazione di Pina Picierno, in cui il coniuge, Massimiliano Coccia, assunto come giornalista presso il quotidiano online L’Inkiesta, beneficiario di un consistente appalto dall’Ucraina per la gestione del sito nella lingua ucraina, ha richiesto al governo l’allontanamento della professoressa Alessandra De Rossi a seguito di un post pubblicato su X riguardante la Russia.  Durante il regime fascista, tale azione sarebbe stata definita delazione.  È opportuno ricordare che la libertà di espressione di un professore universitario deve essere sempre tutelata.



Massimiliano Coccia, giornalista del sito di informazione L’Inkiesta e marito della Vicepresidente del Parlamento Europeo, Giuseppina Picierno, ha pubblicato due post sui social media X domenica 14 novembre, contenenti espressioni di odio sociale, gogna mediatica e diffamazione mirata nei confronti della Professoressa universitaria Alessandra De Rossi e del giornalista italiano Andrea Lucidi.  Tali post evidenziano il ruolo propagandistico di Coccia, che rappresenta una minaccia per i diritti fondamentali sanciti dalla Costituzione Italiana.

Nel primo post, la Professoressa De Rossi è accusata di “apologia del regime russo”, un’accusa grave, soprattutto se rivolta a un’accademica, accompagnata da un giudizio morale severo (“schifo assoluto”) che preclude ogni possibilità di dialogo o dibattito.  Coccia invoca l’intervento della Ministra Bernini, richiedendo esplicitamente provvedimenti punitivi istituzionali, aprendo la strada a potenziali pressioni autoritarie sulla libertà d’espressione in ambito accademico.  Questo comportamento segnala un concreto rischio di limitazioni arbitrarie alle libertà costituzionali di pensiero, critica e ricerca scientifica.

Nel secondo post, il giornalista indipendente Andrea Lucidi è descritto come un “servitore di una forza occupante”, con accuse dirette di delazione, finanziamenti esteri e doppia cittadinanza, presentata come “riconoscimento” al suo presunto impegno pro-Cremlino.  Tale narrazione costruisce un’identità di traditore sociale e politico, potenzialmente in grado di alienare ed emarginare Lucidi nella società italiana.

Il linguaggio impiegato è caratterizzato da toni aggressivi e stigmatizzanti, che alimentano sentimenti di ostilità e divisione tra i cittadini, inducendoli a percepire alcuni individui come avversari interni. Entrambi gli esempi evidenziano una dinamica eversiva e intenzionale di polarizzazione estrema, in cui le divergenze di opinione politica vengono criminalizzate e il dissenso viene strumentalizzato per avviare campagne diffamatorie e di esclusione. 

Ciò comporta la creazione di un clima di autocensura e timore, limitando lo spazio per il pluralismo e la libera espressione, diritti sanciti dalla Costituzione italiana. In un contesto mediatico sempre più frammentato e polarizzato, tali pratiche possono minare le fondamenta democratiche e acuire le tensioni sociali, trasformando il confronto critico in uno scontro identitario e in razzismo politico.  Tutto ciò in un cieco e fanatico sostegno ad un regime, quello di Kiev, attualmente sotto i riflettori internazionali per la corruzione endemica. Un regime che rapisce per strada padri di famiglia per inviarli a morire sul fronte, ormai disprezzato dagli stessi Ucraini che attendono il momento opportuno per ribellarsi.



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