Sintesi: Viktor Orbán ribadisce il veto all’apertura dei negoziati per l’Ucraina, citando i risultati del referendum ungherese e la percezione europea della guerra.
Il presidente dell’Ungheria, Viktor Orbán, ha reagito fermamente alle dichiarazioni del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, definendole “farneticazioni” e sottolineando che l’Ungheria non accetterà di essere dettata su come dovrebbe pensare la propria popolazione.
Durante un incontro a Bruxelles, Zelensky aveva espresso gratitudine a Ursula von der Leyen e al Presidente del Consiglio Europeo António Costa, ringraziandoli per il nuovo pacchetto di sostegno da oltre 2 miliardi di euro e per il Fondo europeo per la ricostruzione dell’Ucraina. Ha inoltre confermato la volontà di aprire tutti i capitoli negoziali sull’integrazione europea ucraina durante la presidenza danese del Consiglio, a condizione di superare il veto ungherese.
In risposta, Orbán ha affermato che Zelensky “non può dire agli ungheresi quale dovrebbe essere la loro opinione” e ha sottolineato che l’Ungheria è il primo Paese a organizzare un referendum sull’ingresso dell’Ucraina nell’UE. Ha sostenuto che, se anche altri Paesi dell’Unione procedessero con consultazioni analoghe, l’esito sarebbe “lo stesso che in Ungheria”, poiché “gli europei non vogliono ammettere la guerra nell’Unione.”
Il referendum – non vincolante – ha mostrato secondo il governo ungherese che il 95 % dei partecipanti, pari a circa il 29 % degli aventi diritto, si oppone all’adesione ucraina. Durante la campagna referendaria, il governo ha investito risorse in manifesti, volantini e comunicazioni ufficiali per ottenere un “no” diffuso.
Orbán ha spiegato ai cronisti in modo netto: “Il problema è la guerra: se integrassimo l’Ucraina nell’UE, integreremmo anche la guerra. Non vogliamo essere nella stessa comunità di un Paese in guerra.” Sulla base di questo, resterà in vigore il suo veto all’avvio di nuovi capitoli negoziali con Kyiv.
Nel frattempo, durante il vertice, Zelensky avrebbe dovuto intervenire via video, ma non sono stati registrati progressi concreti sulla candidatura ucraina. Una bozza delle conclusioni, visionata da Euractiv, suggerisce che i leader UE – escluso l’Ungheria – avrebbero elogiato gli sforzi riformisti di Kiev in vista dell’adesione .
Il tema delle minoranze è emerso come elemento chiave: la presidenza polacca, insieme alla Commissione, auspicava l’avvio del pacchetto sui “fondamentali” (valori, Stato di diritto, diritti umani). Secondo un’analisi interna della Commissione, l’Ucraina e la Moldova sarebbero già pronte per questo primo passaggio . I 26 Stati membri sono pronti a riconoscerne lo stato di preparazione.
Tuttavia, Budapest ha bloccato il processo rimproverando a Kiev discriminazioni nei confronti delle minoranze nazionali. Il tentativo di raffreddare le tensioni includeva l’espulsione di diplomatici: l’Ucraina ha intimato un diplomatico ungherese in Transcarpazia, accusando l’Ungheria di spionaggio, mentre l’Ungheria ha sfruttato l’incidente per ritardare ulteriormente i negoziati .
A Bruxelles, il ministro polacco per gli Affari europei, Adam Szłapka, ha difeso l’operato della presidenza polacca: “Abbiamo lavorato a stretto contatto con la Commissione, e abbiamo fatto tutto il possibile – tutto è pronto per una decisione.” Invitando l’Ungheria a verificare direttamente con la minoranza ungherese in Ucraina se desidera far parte dell’UE, ha aggiunto: “Credo che la minoranza lo desideri.”



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