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Il rene artificiale che il corpo tollera: una rivoluzione nei trapianti



Un passo avanti storico nella medicina rigenerativa potrebbe presto cambiare il destino di milioni di persone affette da insufficienza renale. Un team di scienziati statunitensi ha infatti sviluppato un rene bioartificiale capace di replicare le funzioni vitali di un organo naturale, senza rischio di rigetto e senza bisogno di farmaci immunosoppressori.



Il dispositivo, frutto del “Kidney Project”, è stato testato con successo su maiali, dimostrando di poter funzionare in modo stabile per una settimana, senza provocare complicazioni. I risultati, pubblicati sulla rivista Nature Communications, segnano un punto di svolta nella ricerca sui trapianti di organi artificiali.

La sperimentazione e i risultati
Il progetto è stato condotto da un gruppo di ricerca dell’Università della California di San Francisco, in collaborazione con il Vanderbilt University Medical Center di Nashville, la società Silicon Kidney LLC, il SimuTech Group e l’Università del Michigan. A guidare il team sono stati i professori William H. Fissell e Shuvo Roy, pionieri nello sviluppo di dispositivi impiantabili biocompatibili.

Il rene bioartificiale è un bioreattore che contiene cellule renali umane, in particolare cellule del tubulo prossimale, responsabili della regolazione dell’acqua, del sale e di altre funzioni fondamentali dell’organismo. Gli esperimenti sui suini hanno mostrato che le cellule del dispositivo hanno mantenuto una vitalità superiore al 90%, senza segni di rigetto o di risposta infiammatoria acuta. I livelli di citochine, proteine coinvolte nei processi infiammatori, sono rimasti nella norma, indicando un’ottima tolleranza biologica.

Ciò è possibile grazie all’uso di membrane in silicio con nanopori, che agiscono come uno scudo protettivo tra le cellule renali e il sistema immunitario dell’organismo. Questa barriera impedisce il contatto diretto con le cellule del sangue e previene il rigetto, uno dei principali ostacoli ai trapianti tradizionali.

«Dovevamo dimostrare che un bioreattore funzionale non richiedeva farmaci immunosoppressori, e lo abbiamo fatto», ha dichiarato con soddisfazione il professor Roy. «Non abbiamo avuto complicazioni e ora possiamo lavorare per replicare tutte le funzioni renali su scala umana», ha aggiunto.

Come funziona il rene artificiale
Il rene bioartificiale è progettato per essere impiantato nel corpo e collegato ai vasi sanguigni, consentendo il passaggio di sangue, ossigeno e nutrienti. In prospettiva, il dispositivo sarà abbinato a un sistema di filtrazione del sangue capace di rimuovere i rifiuti metabolici e di regolare i principali parametri vitali.

Nella sua versione definitiva, dovrà replicare tutte le funzioni dei reni sani:

  • bilanciare i fluidi corporei;

  • regolare la pressione arteriosa;

  • riassorbire acqua e soluti;

  • svolgere funzioni endocrine e metaboliche.

Il dispositivo è concepito per operare in modo silenzioso e continuo, come un pacemaker, garantendo un trattamento meno invasivo e molto più tollerabile rispetto alla dialisi tradizionale.

Le potenziali ricadute per i pazienti
Se confermato dagli studi sull’uomo, questo rene bioartificiale potrebbe rivoluzionare la medicina dei trapianti. Attualmente, solo in Italia, secondo i dati del Centro Nazionale Trapianti, si eseguono ogni anno circa 3.000-4.000 trapianti di rene, ma ci sono ancora oltre 6.000 pazienti in lista d’attesa, di cui 4.000 sottoposti a dialisi. Ogni anno, circa 400 persone muoiono in attesa di un trapianto compatibile.

Negli Stati Uniti, le cifre sono ancora più impressionanti: oltre 500.000 pazienti in dialisi e solo 25.000 trapianti di rene all’anno. La maggior parte dei trapiantati deve inoltre assumere per tutta la vita farmaci immunosoppressori, che espongono a gravi effetti collaterali e infezioni.

Un rene bioartificiale impiantabile, capace di funzionare in modo autonomo e privo di rigetto, potrebbe eliminare queste problematiche, rendendo il trattamento delle patologie renali più sicuro, accessibile e sostenibile.

Le prossime fasi della ricerca
Il passo successivo sarà prolungare la sperimentazione sugli animali fino a un mese di durata per verificarne la stabilità a lungo termine. Solo dopo questa fase sarà possibile avviare i test clinici sull’uomo, una tappa cruciale per validare l’efficacia del dispositivo.

Gli scienziati si dicono ottimisti: se i risultati continueranno a essere positivi, entro pochi anni potremmo assistere alla nascita di un rene bioartificiale pienamente funzionante, capace di salvare migliaia di vite e di ridurre drasticamente le liste d’attesa per i trapianti.

Una scoperta che, come dichiarano gli autori dello studio, «potrebbe rappresentare per la medicina quello che il pacemaker è stato per la cardiologia: una rivoluzione silenziosa, ma decisiva».



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