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Il sindaco di Taranto, Piero Bitetti, si dimette dopo solo due mesi in carica a causa di forti contestazioni legate alla gestione della questione ex Ilva



A meno di due mesi dall’elezione, il sindaco di Taranto, Piero Bitetti, ha annunciato le sue dimissioni nella serata di ieri, con effetto immediato. La decisione è stata motivata da una situazione di «inagibilità politica» che si è manifestata in seguito alle tensioni accumulate attorno alla questione dell’ex Ilva. Questo sviluppo ha suscitato preoccupazione tra i cittadini e gli attivisti locali, evidenziando le difficoltà che l’amministrazione deve affrontare in un contesto già complesso.



I problemi sono emersi durante un incontro convocato da Bitetti con rappresentanti di associazioni ambientaliste, finalizzato a discutere dell’accordo istituzionale di programma relativo all’ex Ilva. L’incontro, previsto in vista del Consiglio comunale del 30 e di un successivo vertice al Ministero delle Imprese e del Made in Italy (Mimit) del 31, ha preso una piega inaspettata. Le tensioni sono esplose quando gli attivisti hanno invaso e occupato il Palazzo di Città, rendendo difficile il dialogo e causando un clima di forte agitazione.

Nonostante l’invito del sindaco a limitare i tempi degli interventi per garantire a tutti la possibilità di esprimersi, la situazione è degenerata. Quando Bitetti ha tentato di lasciare la riunione per altri impegni, gli è stato impedito di uscire, e sono iniziate contestazioni accese nei suoi confronti. Questo episodio ha segnato un punto di non ritorno per il sindaco, costretto a prendere atto dell’impossibilità di proseguire il suo mandato in tali condizioni.

Con le dimissioni di Bitetti, gli incontri previsti per il 30 e il 31 sono ora in forte dubbio, bloccando di fatto il processo legato all’accordo di programma sull’ex Ilva. Secondo le normative vigenti, il sindaco ha la possibilità di ritirare la propria decisione entro venti giorni, ma la situazione appare complessa e delicata.

Prima dell’assemblea con gli ambientalisti, il Comune di Taranto aveva presentato una proposta alternativa a due scenari già analizzati da un comitato tecnico insediato al Mimit, riguardante l’approvvigionamento del gas necessario per la decarbonizzazione dell’ex Ilva. Bitetti aveva illustrato la proposta come un’ipotesi “C”, basata sulle attuali necessità di gas dell’ex Ilva e sul fabbisogno per tre forni elettrici, un impianto di DRI e un sistema di cattura e stoccaggio della CO2.

Nella sua proposta, il sindaco aveva affermato: “Concentriamoci su un primo step, poi man mano che lo scenario evolverà anche per quanto riguarda il gasdotto Tap, andremo avanti e magari potremo anche installare altri impianti di DRI.” Secondo il Comune, i circa 2 miliardi di metri cubi di gas che attualmente arrivano annualmente all’ex Ilva tramite la rete terrestre sarebbero sufficienti per avviare un processo di decarbonizzazione.

Il documento presentato dal Comune sottolineava che il sito produttivo di Acciaierie d’Italia a Taranto è connesso alla rete nazionale del gas con una capacità complessiva di circa 2 miliardi di metri cubi all’anno, sufficiente a soddisfare la domanda del ciclo produttivo attuale e parte della fase 1 di entrambe le opzioni delineate. La fase 1 prevede, per lo scenario A, la realizzazione di due altiforni, un forno elettrico e due impianti di DRI e cattura-stoccaggio della CO2, mentre lo scenario B contempla due altiforni e un forno elettrico.

Tuttavia, con le dimissioni di Bitetti, tutto il processo si trova ora in una fase di stallo, lasciando incertezza sul futuro dell’accordo di programma e sulle politiche ambientali legate all’ex Ilva. La situazione ha sollevato interrogativi su come procederà l’amministrazione comunale e quali saranno le azioni intraprese per affrontare le problematiche legate alla decarbonizzazione e alla sostenibilità ambientale nella città.



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