Regione attiva la vaccinazione obbligatoria, ma aumentano tensioni tra allevatori e autorità.
La campagna straordinaria lanciata dalla Regione Sardegna per contenere la diffusione della dermatite nodulare bovina – nota anche come Lumpy Skin Disease (LSD) – si è trasformata in una questione di forte tensione tra istituzioni e agricoltori. Le autorità regionali hanno attuato rapidamente un piano vaccinale capillare, ma confronti aspri con gli allevatori mettono in evidenza riserve e paure sul vaccino e su eventuali conseguenze economiche.
Il primo focolaio è stato confermato nella zona del Nuorese alla fine di giugno. Finora sono registrati almeno 29 focolai in Sardegna, con circa 184 animali infetti, 31 decessi e 447 capi abbattuti . Si tratta di una malattia virale trasmessa da insetti ematofagi come zanzare, mosche o zecche: provoca febbre, noduli sulla pelle e riduce la produzione di latte, ma non è trasmissibile all’uomo .
Per arginare la crisi, è entrato in azione un piano vaccinale obbligatorio con 300.000 dosi di vaccino vivo attenuato Neethling, distribuite in tutta l’isola e coordinate dalle Asl con l’ausilio di veterinari pubblici e privati . Nelle prime settimane più di 5.000 bovini sono stati vaccinati in 40 allevamenti tra Arborea, Santu Lussurgiu, Cuglieri e Ghilarza. Secondo i primi dati, non sono emersi effetti collaterali significativi sugli animali immunizzati .
All’incontro con associazioni di categoria, la presidente Alessandra Todde e l’assessore alla Sanità Armando Bartolazzi hanno ribadito: “Vaccini e indennizzi subito”, sottolineando che le misure rispondono ai rigidi vincoli del Regolamento UE 2020/687, che vieta deroghe arbitrarie . È stata costituita una task force regionale per attuare in modo uniforme le contromisure: vaccinazione, biosicurezza, smaltimento degli animali abbattuti e monitoraggio costante .
Sul piano economico sono stati stanziati 8,8 milioni di euro: 1,5 per le Asl, 2,3 per gli abbattimenti e 5 destinati a Laore Sardegna per compensare le perdite derivanti dal blocco delle movimentazioni .
Tuttavia, alcuni allevatori rifiutano la vaccinazione, creando tensione con le istituzioni. Le associazioni chiedono regole chiare e compensazioni certe in caso di reazioni avverse. In particolare, “Chiediamo alla Regione […] chiarezze sull’efficacia del vaccino, sulle sue indicazioni e controindicazioni” scrive Coldiretti Sardegna . Alcuni produttori propongono anche sistemi di quarantena vigilata invece dell’abbattimento indiscriminato dei capi non sintomatici .
Non mancano critiche sul fronte della trasparenza: alcuni chiedono che le autorità veterinarie “pubblichino i dati relativi agli effetti del vaccino” e offrano adeguata comunicazione tecnica agli allevatori, evitando che informazioni non accreditate si diffondano sui social .
Il piano vaccinale ha già mostrato segni di effetto. Dopo appena una settimana dall’avvio, il numero dei nuovi focolai sembra stabilizzarsi, alimentando la speranza che la malattia non si propaghi ulteriormente. L’immunizzazione conferita dal vaccino richiede circa 21 giorni per essere efficace, mentre dopo 28 giorni gli animali possono essere movimentati regolarmente .
Le autorità insistono che la strategia è conforme alle normative europee e necessaria per prevenire il blocco a lungo termine del commercio interregionale e il peggioramento del comparto agricolo sardo. Di contro, molti allevatori temono che il vaccino stesso possa ridurre la produzione di latte, causare aborti o morte improvvise, senza garanzie economiche immediate .
La sfida resta aperta: la Regione spinge per una vaccinazione massiva per debellare definitivamente il virus entro la fine dell’estate, mentre gli allevatori chiedono maggiore tutela economica e trasparenza. Il dialogo tra le parti sarà cruciale per garantire che la zootecnia sarda non subisca danni irreversibili.



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