La Federazione Internazionale di Muay Thai (IFMA) ha deciso di adottare misure significative nei confronti di Israele dopo la tragica morte del giovane atleta palestinese Ammar Hamayel, avvenuta nella Cisgiordania occupata. La decisione, presa con effetto immediato, prevede il divieto di esposizione della bandiera israeliana e l’esecuzione del suo inno nazionale durante gli eventi ufficiali organizzati dalla federazione. Questo provvedimento nasce come risposta simbolica al conflitto in corso e alle sue conseguenze sui civili, in particolare sui bambini.
Il presidente dell’IFMA, Sakchye Tapsuwan, ha espresso la sua indignazione e il suo dolore per la morte del giovane atleta, definendola una tragedia che non può essere ignorata. In una nota ufficiale, ha dichiarato: “Quando un bambino, un giovane ambasciatore di pace, viene ucciso, il silenzio non è più un’opzione. Questa non è solo una tragedia, è un invito all’azione. Non possiamo restare a guardare mentre sono gli innocenti a pagare il prezzo del conflitto”.
La federazione ha sottolineato che gli atleti israeliani potranno continuare a partecipare agli eventi sportivi, ma solo come rappresentanti neutrali e individuali, una condizione già applicata agli atleti provenienti da Russia e Bielorussia. Inoltre, è stato stabilito che nessuna competizione ufficiale di Muay Thai potrà essere organizzata né sostenuta in Israele fino a nuovo avviso.
La IFMA ha specificato che queste misure non mirano a danneggiare gli atleti israeliani, che continuano a essere considerati membri stimati della comunità sportiva internazionale. Piuttosto, rappresentano una forma di protesta pacifica contro le azioni che mettono in pericolo i bambini e violano i principi fondamentali dello sport globale. Nella nota ufficiale si legge: “Non sono un danno per gli atleti israeliani, che rimangono membri stimati della famiglia IFMA. Rappresentano invece una protesta pacifica ma ferma contro le azioni che mettono in pericolo i bambini e violano i valori fondamentali della comunità sportiva globale”.
La morte di Ammar Hamayel, avvenuta il 23 giugno nella Cisgiordania occupata, ha suscitato un’ondata di indignazione a livello internazionale. Secondo il rapporto dell’organizzazione Defense for Children International Palestine, il ragazzo di soli 13 anni è stato colpito alla schiena dai militari israeliani durante un’operazione nella zona. La sua giovane età e il fatto che fosse un atleta promettente hanno amplificato l’impatto emotivo della sua perdita e acceso ulteriormente il dibattito sulle conseguenze del conflitto israelo-palestinese.
Il presidente Sakchye Tapsuwan ha ribadito la necessità di agire in risposta a questa tragedia: “Questa non è solo una tragedia, è un invito all’azione. Non possiamo restare a guardare mentre gli innocenti pagano il prezzo del conflitto”. La IFMA si è così distinta come la prima federazione sportiva internazionale a prendere una posizione così netta nei confronti di Israele per gli eventi legati al conflitto in corso.
Questo provvedimento arriva in un momento particolarmente delicato per la regione mediorientale, dove le tensioni tra Israele e Palestina continuano a crescere, causando vittime tra civili e alimentando una crisi umanitaria sempre più grave. La decisione dell’IFMA potrebbe rappresentare un precedente significativo per altre organizzazioni sportive e internazionali che desiderano esprimere il proprio dissenso attraverso azioni simboliche.
Nonostante la protesta contro le politiche israeliane, la federazione ha ribadito il suo impegno nei confronti degli atleti e dello sport come strumento di pace e dialogo. Gli atleti israeliani continueranno a essere accolti con rispetto e considerazione, ma senza alcun riferimento al loro paese d’origine durante le competizioni ufficiali.
La tragica scomparsa di Ammar Hamayel rimane al centro delle attenzioni internazionali, evidenziando ancora una volta le gravi conseguenze del conflitto sulla vita dei più giovani. La scelta della IFMA segna un momento importante per la comunità sportiva globale, che si trova ora a dover riflettere sul ruolo dello sport nel promuovere la pace e nel condannare le violazioni dei diritti umani.



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