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L’appartamento di fronte era sempre vuoto… finché una serie di biglietti inquietanti ha iniziato ad apparire alla finestra



Non ricordo con esattezza il momento in cui ho iniziato a notarlo. Forse perché non c’è mai un “momento” preciso per certe cose: ti accorgi di un dettaglio, lo ignori, poi lo ritrovi, e piano piano diventa un pensiero fisso.



Vivo da solo, in un condominio piuttosto vecchio, in una via secondaria della città. Il mio appartamento è al terzo piano e ha una grande finestra in soggiorno che dà su un cortile interno.

Di fronte, a circa dieci metri, c’è un altro edificio identico al mio. E lì, proprio dirimpetto alla mia finestra, c’è un appartamento che… be’, non so come dirlo se non così: non sembra vuoto, ma non sembra neppure abitato.

All’inizio, era solo una curiosità passeggera. Tende sempre aperte, luci mai accese, anche di notte. Dentro, da quel poco che riuscivo a vedere, c’era un arredamento minimo: un tavolo, una sedia, una lampada spenta. Eppure, a volte, avevo l’impressione che qualcosa si muovesse lì dentro.

Non persone, esattamente. Ombre.

Il primo episodio strano è successo a novembre. Stavo lavorando al computer quando ho alzato lo sguardo e ho visto che, nell’appartamento di fronte, qualcuno aveva posato sul tavolo una tazza bianca. Prima non c’era, ne sono sicuro. Era come se fosse comparsa all’improvviso, mentre non guardavo.

La sera stessa, la tazza era sparita.

Ho iniziato a fare caso a questi piccoli cambiamenti: un giornale piegato, una sedia leggermente spostata, un bicchiere vicino alla finestra. Mai un movimento diretto, mai una persona in vista. Solo oggetti che apparivano e scomparivano.

Mi sono convinto che qualcuno vivesse lì, semplicemente con orari opposti ai miei. O forse si trattava di un affitto temporaneo. In ogni caso, non era affar mio.

Finché non è successo l’episodio del biglietto.

Era un martedì. Rientravo tardi, verso le dieci di sera. Ho acceso la luce del soggiorno e ho notato un foglietto incollato al vetro della finestra di fronte, all’interno di quell’appartamento. C’era una sola parola, scritta in stampatello: CIAO.

Sono rimasto immobile per qualche secondo, a fissarlo. Poi ho sorriso, pensando a uno scherzo di qualche ragazzino o a un gesto bizzarro del mio misterioso vicino.

Il giorno dopo, il foglietto era sparito.

Dopo una settimana, ne è apparso un altro: POSSO PARLARTI?

Era inquietante, ma anche… affascinante. Non sapevo se rispondere. Alla fine, ho preso un foglio A4, ho scritto CHI SEI? e l’ho appeso alla mia finestra.

Nessuna risposta quella notte. Né il giorno dopo. Ho pensato di aver spaventato il mio interlocutore. Ma tre giorni dopo, un nuovo biglietto è apparso: TI VEDO DA TEMPO.

Da quel momento, non sono più riuscito a ignorare l’appartamento di fronte. Passavo ore a fissarlo, aspettando un movimento, un segno. Ma non succedeva nulla, se non quei biglietti, ogni volta un po’ più personali.

SEI SOLO.
SO COSA HAI SOGNATO IERI.
NON GUARDARE ALLE 3.

Quest’ultimo mi ha colpito più degli altri. “Non guardare alle 3” è una frase che ti costringe, inevitabilmente, a fare il contrario. Così quella notte mi sono seduto sul divano con la sveglia puntata alle 2:58.

Alle 3 in punto, ho alzato lo sguardo.

L’appartamento di fronte era completamente buio, come sempre. Ma alla finestra c’era una sagoma. Non riuscivo a distinguerne i tratti, ma avevo la netta impressione che fosse rivolta verso di me.

E stava sorridendo.

Il giorno dopo, nessun biglietto. Ho provato a scrivere io: PERCHÉ?.

La risposta è arrivata due giorni dopo: VIENI QUI.

Non so cosa mi abbia spinto a farlo, ma quella sera sono sceso, ho attraversato il cortile e sono entrato nell’edificio di fronte. La porta d’ingresso era aperta. Ho salito le scale fino al terzo piano. La porta dell’appartamento corrispondente al mio non aveva campanello né targhetta. Ho bussato. Nessuna risposta. Ho spinto piano. Aperta.

Dentro, non c’era niente.

Il tavolo, la sedia, la lampada… tutto sparito. L’appartamento era vuoto, polveroso, come se nessuno ci fosse stato per anni.

Eppure, quando mi sono girato per andarmene, sulla porta c’era un biglietto incollato all’interno.

ORA SIAMO NEL TUO.



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