​​


Le esperienze fuori dal corpo (OBE) suggeriscono che la coscienza possa esistere al di fuori del cervello, secondo alcuni scienziati



Molte persone riferiscono la sensazione che la propria coscienza si stacchi dal corpo fisico, osservandolo da una prospettiva esterna. Questo fenomeno ha sempre affascinato filosofi, neuroscienziati e psicologi, rappresentando uno dei più grandi enigmi della scienza: perché i processi fisici del cervello generano la ricca esperienza soggettiva che chiamiamo coscienza? Questo interrogativo, noto come il “problema difficile” della coscienza, rimane ancora oggi senza una risposta definitiva.



Le OBE, o esperienze fuori dal corpo, si verificano spesso in momenti di forte emozione, trauma o profondo rilassamento, e mettono in discussione l’idea tradizionale che la coscienza sia solo il prodotto dell’attività cerebrale. Mentre alcuni le considerano semplici illusioni o anomalie neurologiche, altri ipotizzano che possano offrire uno sguardo su una coscienza che va oltre i limiti fisici del cervello. Questa teoria, detta della “coscienza non locale”, suscita sia interesse che scetticismo nel mondo scientifico.

Un recente studio pubblicato su Frontiers in Psychology ha dato nuovo rilievo alle OBE, sottolineando l’importanza di ascoltare e descrivere fedelmente le testimonianze di chi le vive, senza filtrare subito queste esperienze attraverso le teorie scientifiche esistenti. I ricercatori suggeriscono che questo approccio possa arricchire la nostra comprensione della coscienza e offrire riconoscimento a chi vive tali episodi, spesso sentendosi isolato o frainteso.

Dal punto di vista neuroscientifico, alcune ricerche hanno cercato di spiegare le OBE attraverso il funzionamento del cervello. Ad esempio, uno studio condotto a Stanford nel 2023 su pazienti epilettici ha mostrato che la stimolazione di specifiche aree cerebrali, come il precuneo anteriore, può indurre sensazioni simili alle OBE. In questi casi, i soggetti riferivano distorsioni nella percezione dello spazio e nella localizzazione della propria coscienza. Altri studi hanno evidenziato che un’alterazione nell’integrazione delle informazioni sensoriali e vestibolari può portare a una temporanea disconnessione tra la rappresentazione corporea e l’ambiente esterno.

Nonostante questi progressi, lo studio delle OBE è ancora limitato dalla natura soggettiva delle esperienze e dai piccoli campioni di ricerca. È quindi fondamentale adottare un approccio multidisciplinare, che combini dati qualitativi, tecniche di neuroimaging e nuovi modelli teorici in grado di integrare sia la dimensione biologica che quella esperienziale della coscienza.

Comprendere meglio le OBE potrebbe anche aiutare chi le vive a sentirsi meno ansioso o stigmatizzato, favorendo un dialogo più aperto sulla natura della consapevolezza umana.

In conclusione, le esperienze fuori dal corpo rappresentano una sfida e un’opportunità per esplorare i confini tra cervello, mente e coscienza. Sebbene molte evidenze indichino spiegazioni legate a processi cerebrali, resta aperta la possibilità che la coscienza possa, in qualche modo, estendersi oltre il corpo fisico. Per ora, le OBE rimangono un affascinante promemoria di quanto ancora ci sia da scoprire sulla mente umana.



Add comment