Mandare la propria bambina di tre anni al centro estivo per quattro settimane a luglio è diventato un peso economico insostenibile per Daniela Garofalo, 37 anni, residente a Lecco. Il costo di 535 euro ha costretto la donna a ricorrere a un prestito, nonostante lei e il marito lavorino entrambi a tempo pieno. La famiglia, composta da quattro persone, deve anche far fronte a un mutuo mensile di 550 euro per la casa.
“Per raccogliere i soldi sono stata costretta a chiedere un prestito, da soli non ce l’avremo mai fatta. Ho fatto una colletta tra parenti, amici e zii, solo così sono riuscita a racimolare la cifra necessaria per mandare la mia bimba al centro ricreativo diurno: come se fosse un lusso, e non una necessità. All’inizio mi sono vergognata, ma poi ho capito che non posso sentirmi in colpa per le carenze delle istituzioni”, ha raccontato Garofalo.
La coppia, lei addetta alle pulizie e lui operaio, vive una situazione economica precaria. Oltre alle spese per il centro estivo della figlia più piccola, devono affrontare anche i costi legati alle attività del figlio maggiore, di 12 anni. “Tra l’oratorio estivo e la vacanza, sempre con l’oratorio, spenderemo altri 700 euro. Se aggiungiamo i 535 euro per la piccola significa che io e mio marito lavoreremo a oltranza, e comunque non resteranno soldi per nient’altro se non per mangiare”, ha spiegato la donna.
La situazione è resa ancora più difficile dalla mancanza di alternative praticabili. “Non si può pensare di lasciare la bambina a casa tutto il giorno con i miei genitori, mio padre ha anche problemi di salute. E poi, per quanto i nonni adorino i nipoti e siano fondamentali, non è giusto che si sobbarchino da soli la cura della bambina. E non è giusto per lei rimanere chiusa in casa con due persone anziane”, ha aggiunto Garofalo.
Per cercare di ridurre i costi, la madre ha deciso di rinunciare alla prima settimana del centro estivo. “Alla fine, per risparmiare il più possibile, ho scelto di far saltare alla mia bimba la prima settimana: il lunedì e il martedì mattina starà con la mia vicina di casa, il mercoledì starà con mia sorella che ha preso un giorno di ferie e così via per tutta la settimana”, ha spiegato.
Nonostante gli sforzi della famiglia, la mancanza di supporto istituzionale resta un problema centrale. Garofalo ha provato a chiedere aiuto alle autorità locali, ma senza successo. “Il sindaco non può purtroppo fare nulla per aiutarci perché il centro estivo non è gestito dal Comune e le impiegate della Fis…”, ha dichiarato.
La donna ha anche espresso il suo disappunto sui social media, sottolineando l’apparente contraddizione tra il titolo di “città amica dei bambini” assegnato a Lecco e le difficoltà economiche che molte famiglie devono affrontare per garantire ai propri figli l’accesso all’educazione e alla socializzazione. “Lecco ha ottenuto la qualifica di ‘città amica dei bambini’, e poi ci ritroviamo a dover pagare rette impensabili che tolgono a tantissimi bambini il diritto all’educazione e alla socializzazione”, ha scritto. “Spingere ancora una volta le famiglie a dover fare i salti mortali ormai è ‘normalità’, ma costringere un bambino a non poter stare con i suoi coetanei a causa delle condizioni economiche dei propri genitori è follia”.
La situazione descritta da Daniela Garofalo evidenzia una problematica più ampia che riguarda molte famiglie italiane: l’assenza di politiche adeguate per sostenere i genitori lavoratori durante il periodo estivo. Senza un intervento concreto delle istituzioni, molte famiglie si trovano costrette a fare sacrifici enormi o a rinunciare completamente a servizi essenziali per i propri figli.
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