Con la semplice parola “Adopted!”, pronunciata a Nuova Delhi, l’Unesco ha ufficialmente iscritto la Cucina Italiana nella Lista Rappresentativa del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità. Un riconoscimento storico, il primo al mondo conferito a una cucina nazionale nella sua interezza, che celebra non solo un insieme di piatti, ma un vero e proprio sistema culturale basato su sostenibilità, diversità bioculturale e inclusione sociale.
L’Unesco ha motivato la decisione sottolineando come la cucina italiana “favorisca l’inclusione sociale, promuova il benessere e offra un canale per l’apprendimento intergenerazionale”, rafforzando i legami comunitari e il senso di appartenenza. Questo traguardo arriva dopo il riconoscimento di elementi specifici come l’Arte del Pizzaiuolo Napoletano e si aggiunge ad altri 19 elementi italiani già sotto l’egida dell’Unesco.
La notizia è stata accolta con orgoglio dal Governo italiano. La Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in un videomessaggio ha definito il primato “uno strumento formidabile per valorizzare i nostri prodotti e proteggerli da imitazioni”, ricordando come l’agroalimentare italiano esporti già beni per 70 miliardi di euro l’anno. Anche il Ministro degli Esteri Antonio Tajani e il Vicepremier Matteo Salvini hanno sottolineato la vittoria di un “grande gioco di squadra” e l’importanza di custodire questo patrimonio contro le minacce del cibo sintetico.
La Voce degli Chef: tra Tradizione e Innovazione
I grandi chef italiani hanno colto il profondo significato di questo momento:
-
Massimo Bottura l’ha definita “un rito d’amore”, un linguaggio che tiene unito il Paese.
-
Niko Romito vi ha visto una “responsabilità” verso i territori e la purezza del gusto.
-
Franco Pepe ha parlato di un’emozione paragonabile a “una notte magica dei Mondiali”, dedicando il successo al lavoro silenzioso delle filiere agricole.
-
Heinz Beck e Gennaro Esposito hanno entrambi evidenziato la straordinaria biodiversità regionale e la sofisticatezza di una cucina troppo spesso ridotta a stereotipi.
Non sono mancate voci critiche, come quella dello storico Alberto Grandi, che ha parlato di una celebrazione più “marketing” che storica, o di Arrigo Cipriani, scettico sulla possibilità di unificare sotto un unico marchio cucine regionali così distinte.
Impatto Turistico ed Economico
Oltre al valore simbolico, il riconoscimento promette tangibili benefici economici. Secondo stime CST per Confesercenti, si prevede un incremento del 6-8% dei flussi turistici stranieri nei primi due anni, per circa 18 milioni di presenze aggiuntive. La ristorazione è già un attrattore fondamentale, con una spesa dei visitatori esteri che nel 2024 ha superato i 12 miliardi di euro.
Un Patrimonio Vivo e Globale
La candidatura, presentata dal Governo italiano su impulso di Fondazione Casa Artusi, Accademia Italiana della Cucina e La Cucina Italiana, non celebra solo la pizza o la pasta. Riconosce un patrimonio vivente fondato sul rispetto della stagionalità, sul contrasto allo spreco alimentare e su modelli di sostenibilità come la Dieta Mediterranea (già patrimonio Unesco dal 2010). La cucina italiana si unisce così ad altre grandi tradizioni gastronomiche riconosciute, come quella messicana, francese e giapponese.
Questo risultato non è un punto di arrivo, ma un nuovo, potente punto di partenza. È la consacrazione di un “saper fare” millenario che, attraverso i gesti quotidiani di milioni di famiglie, agricoltori, artigiani e chef, continua a narrare al mondo la storia, l’identità e la bellezza di un Paese unico.



Add comment