Il giornalista Mario Giordano ha denunciato pubblicamente, tramite un post pubblicato sul suo profilo X, un episodio che ha immediatamente suscitato polemiche e preoccupazione. Secondo quanto riportato, un personaggio noto nel panorama mediatico avrebbe diffuso sui social un’immagine che lo ritrae con un bollino rosso sulla fronte, accompagnata dalla scritta “mettere a fuoco”.
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Un post con la foto di Mario Giordano che tiene in mano la maglietta “Io sono Charlie Kirk” e con un bollino rosso (aggiunto dall’autore del post) sulla testa.
“Invita a spararmi in testa. Non faccio qui il nome dell’autore del post ma lo farò in tribunale”.#Fuoridalcoro pic.twitter.com/IV3ErD3QQ4— Fuori dal coro (@fuoridalcorotv) September 21, 2025
Un gesto che, secondo il conduttore televisivo, supera i limiti della critica. “C’è chi si diverte a pubblicarmi sui social con un bersaglio rosso in testa e l’invito a ‘mettere a fuoco’ – scrive Giordano –. Non cito questa persona per non farle pubblicità, ma è un personaggio noto che pubblica sui giornali”.
La riflessione di Giordano solleva un tema delicato: fino a che punto la satira o il diritto di critica possono spingersi? Il volto di un giornalista trasformato in un bersaglio non può essere considerato un semplice esercizio di opinione. È una rappresentazione che evoca simbolicamente la violenza e rischia di legittimare atteggiamenti di odio nei confronti di chi svolge il proprio lavoro in prima linea.
Il conduttore, spesso al centro di polemiche per le sue posizioni forti e i suoi toni accesi, non è nuovo a ricevere attacchi sui social. Ma questa volta, sottolinea, il limite sarebbe stato superato, trasformando la critica in una vera e propria intimidazione personale.
L’episodio riporta l’attenzione sul problema della diffusione di minacce online e di campagne denigratorie sui social network. Le piattaforme digitali, spesso teatro di scontri verbali e polarizzazione, diventano strumenti attraverso i quali si amplifica il linguaggio d’odio. In casi come questo, la satira rischia di trasformarsi in un’arma che fomenta aggressività anziché stimolare la riflessione.
Il fatto che l’autore del post incriminato sia, come sottolinea Giordano, “un personaggio noto che pubblica sui giornali”, alimenta ulteriori interrogativi sul livello di responsabilità che le figure pubbliche dovrebbero assumersi quando utilizzano i social per veicolare messaggi potenzialmente pericolosi.
La denuncia di Mario Giordano si inserisce in un dibattito più ampio sul rapporto tra libertà di espressione, diritto di critica e tutela della dignità personale. Dove si colloca il confine tra satira e minaccia? È accettabile ridurre un giornalista, o qualsiasi individuo, a un bersaglio simbolico da colpire?
Queste domande non riguardano solo chi opera nell’informazione, ma l’intera società, chiamata a riflettere sui rischi connessi alla deriva dell’odio digitale. Trasformare un volto in un obiettivo da mirare non può essere considerato un atto di ironia: è un gesto che assume connotazioni violente e che può avere conseguenze gravi sulla sicurezza di chi lo subisce.



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