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Mentre leggevo a mio nonno cieco, ho scoperto una lettera sigillata di 60 anni nascosta tra le pagine



Sedevo accanto al letto di mio nonno, con il vecchio libro aperto tra le mani. Le pagine odoravano di polvere e di tempo, come se avessero atteso proprio quell’istante tanto quanto lui.



«Un tempo ero io a leggerti», mormorò nonno, gli occhi velati rivolti verso un punto lontano, forse nel passato. La sua voce portava con sé il peso dei ricordi, degli anni scivolati via troppo in fretta.

«E ora sono io a leggere per te», risposi stringendogli la mano.

Un lieve sorriso increspò le sue labbra. «Già. La vita fa sempre il giro e torna al punto di partenza.»

Quel libro — un vecchio romanzo rilegato in pelle — non lo sfiorava da sessant’anni. Era stato un dono, mi raccontò, ma non aveva mai trovato il tempo di leggerlo. La vita era stata troppo esigente, poi troppo complicata, e infine… troppo tardi. Ora che la vista lo aveva abbandonato del tutto, voleva finalmente ascoltarne le parole.

Leggevo da quasi un’ora quando, girando una pagina, accadde qualcosa di inaspettato. Una piccola busta ingiallita scivolò tra le pagine, cadendo sul suo grembo coperto dalla coperta.

«Nonno, c’è una lettera qui dentro», dissi, prendendola con delicatezza.

Si irrigidì, le dita gli tremarono appena. «Questo… non è possibile», sussurrò quasi senza voce.

La lettera era ancora sigillata, i bordi un po’ logori ma intatti. La carta, sottile e fragile, sembrava aver atteso pazientemente di essere trovata. Esitai un attimo prima di guardarlo. «Vuoi che la apra?»

Deglutì con fatica. «Sì, per favore.»

Inserii con cautela un dito sotto il sigillo, cercando di non romperlo troppo, e spiegai il foglio. L’inchiostro era sbiadito, ma ancora leggibile.

«4 marzo 1963», lessi ad alta voce.

Nonno trattenne il respiro, le mani strette sulla coperta.

Proseguii:

«Mio carissimo William,

non so se mai leggerai queste parole, ma ho bisogno che tu conosca la verità. Ti ho amato dal primo istante in cui ti ho visto. Ho custodito quell’amore dentro di me per anni, incapace di dirlo a voce. Ma ora devo partire, e non posso andarmene senza confessarti ciò che non ho mai avuto il coraggio di dire prima.»

La voce mi tremava. Nonno stava scuotendo il capo, il respiro irregolare.

«Ho aspettato che tu mi vedessi. Ho aspettato che ti accorgessi di me. Ma non è mai accaduto. E ora è troppo tardi. Domani partirò, e non tornerò più. Non mi aspetto che tu provi lo stesso, ma avevo bisogno che tu sapessi. Ti porterò nel cuore per sempre. Addio, amore mio.»

La lettera era firmata solo con un’iniziale:

«Per sempre tua, M.»

Un silenzio denso cadde nella stanza. Sentivo solo il respiro corto di mio nonno.

«M…» mormorò infine.

«Chi era?» chiesi piano.

Un sospiro rotto gli sfuggì dalle labbra. «Margaret.»

Il suo nome gli tremò sulla bocca. «Era la mia migliore amica. Mi conosceva meglio di chiunque altro. Non sapevo… non avevo mai capito che mi amasse.»

Deglutii. «E tu? L’hai mai amata?»

I suoi occhi si persero lontano, in un punto che solo lui poteva vedere. «La amavo nel modo in cui si ama qualcuno che si crede sarà sempre lì. Era una costante nella mia vita. Pensavo non se ne sarebbe mai andata. E invece sì. E non ho mai saputo perché.» Scosse il capo. «Fino ad ora.»

Rimasi in silenzio, incapace di parlare. Una semplice lettera, rimasta nascosta per sessant’anni tra le pagine di un libro dimenticato, aveva appena riscritto il passato.

Dopo un lungo momento, la sua voce tornò, dolce e incrinata: «Pensi… pensi che mi abbia mai dimenticato?»

Guardai la lettera tra le mie mani, l’inchiostro sbiadito, le parole tremanti di chi aveva amato senza essere mai ascoltato.

«No,» dissi. «Non credo ti abbia mai dimenticato.»

Nonno strinse la lettera al petto e chiuse gli occhi.

Per la prima volta dopo tanto tempo, sorrise. Non un sorriso fugace, ma uno di quelli che restano, che dicono: ora ricordo. Ora capisco.

E forse, solo forse, questo bastava.



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