Un episodio drammatico ha scosso la comunità di Ibiza il 19 luglio, quando il musicista napoletano Michele Noschese, conosciuto artisticamente come Dj Godzi, è morto in circostanze ancora poco chiare durante un intervento della Guardia Civil presso la sua abitazione a Santa Eulalia. La vicenda ha sollevato numerosi interrogativi e acceso il dibattito sulla gestione dell’intervento da parte delle autorità spagnole.
Secondo quanto riportato da un amico del musicista, presente al momento dei fatti, la situazione sarebbe degenerata rapidamente. L’uomo, che vive nei pressi dell’abitazione di Noschese, ha raccontato al Corriere della Sera di aver assistito a una scena sconvolgente: “Era con le manette ai piedi e alle mani come se fosse un animale, poi si è sentito mancare mentre gli agenti lo tenevano. La Guardia Civil non si è accorta della mia presenza, stavo in un angolo. Ho visto tutto quello che è successo”.
La mattina del 19 luglio, intorno alle 7:45, Noschese avrebbe chiesto al suo amico di comprare del cibo per i gatti. L’uomo ha descritto il musicista come “esagitato”, ma non ha dato troppo peso al suo comportamento e lo ha assecondato. Poco dopo, mentre si trovava in piscina, già affollata di persone, avrebbe notato un crescente trambusto provenire dall’appartamento del musicista. Diverse persone avevano già contattato la polizia a causa delle urla provenienti dall’abitazione. Una ragazza sarebbe stata vista scappare dalla zona, mentre Noschese si trovava nell’appartamento di un vicino anziano con cui stava discutendo animatamente.
Le autorità spagnole, intervenute sul posto dopo le segnalazioni, hanno dichiarato che Michele Noschese era sotto l’effetto di sostanze stupefacenti e in preda ad allucinazioni. Secondo il loro rapporto, al momento dell’arrivo degli agenti, il musicista avrebbe minacciato un vicino con un coltello. A seguito di questa presunta aggressione, la Guardia Civil avrebbe tentato di immobilizzarlo. Durante l’operazione, però, Noschese avrebbe iniziato a manifestare convulsioni.
Il testimone presente ha fornito una versione diversa rispetto a quella ufficiale: “Michele ha ricevuto dei cazzotti in faccia e sulla schiena. Poi lo hanno ammanettato mani e piedi, una scena mai vista, come fosse un animale. Michele si è sentito mancare. L’ho visto tenuto dagli agenti, ho visto il suo ultimo respiro, si stava spegnendo”.
Dopo l’immobilizzazione, i poliziotti avrebbero tentato di rianimarlo con manovre cardiopolmonari fino all’arrivo dei sanitari. Tuttavia, nonostante gli sforzi del personale medico durati circa quindici minuti, non è stato possibile salvargli la vita. “Urlavano: Lo rianimiamo, lo rianimiamo. Ma non ci sono riusciti”, ha aggiunto l’amico.
La vicenda ha lasciato sgomenta la comunità locale e solleva interrogativi sulla gestione dell’intervento da parte delle forze dell’ordine. La Guardia Civil ha affermato di aver agito in risposta a una situazione pericolosa per la sicurezza pubblica, ma le testimonianze raccolte sul posto sembrano suggerire un uso eccessivo della forza.
L’amico di Noschese, visibilmente provato dall’accaduto, ha espresso il suo dolore per la perdita: “Ho perso un fratello, uno dei miei più cari amici. L’ho visto esalare l’ultimo respiro”. Ha inoltre dichiarato che non avrebbe visto alcun coltello durante l’episodio e che il comportamento del musicista, sebbene agitato, non giustificava una reazione così violenta.
La morte di Michele Noschese apre ora una serie di interrogativi che richiedono risposte chiare. Sarà fondamentale accertare se le procedure adottate dalla Guardia Civil siano state appropriate e se vi siano state eventuali responsabilità nella gestione dell’intervento. Nel frattempo, amici e familiari del musicista chiedono giustizia e maggiore trasparenza sull’accaduto.
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