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Migranti in Albania, il governo va avanti nonostante la bocciatura Ue: “I centri resteranno aperti”



Il governo italiano non intende modificare la propria strategia sui centri per migranti in Albania, nonostante il recente pronunciamento della Corte di giustizia dell’Unione europea (Cgue) che ha sollevato dubbi sulla definizione di “Paesi sicuri” e sull’accordo tra Roma e Tirana. Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha ribadito la volontà di mantenere operativi i centri, sottolineando che essi continueranno a svolgere il ruolo di Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) e che, in futuro, torneranno alla funzione originaria di hub per le procedure accelerate alla frontiera.



La sentenza della Cgue, che mette in discussione la legittimità dell’elenco dei Paesi sicuri, ha evidenziato la necessità di basare tale designazione su criteri trasparenti e accessibili, considerando il livello di protezione garantito a tutta la popolazione di un Paese. Secondo i giudici europei, un atto legislativo può stabilire quali siano i Paesi sicuri, ma deve comunque essere soggetto a valutazione da parte delle autorità giudiziarie.

Commentando la sentenza, Piantedosi ha dichiarato: “È una sentenza, che a mio giudizio, conferma quanto autorevolmente sostenuto dall’Economist non più tardi di un paio di settimane fa: il sistema dell’asilo fondato sulla Convenzione delle Nazioni Unite del 1951 non regge più.” Il ministro ha poi aggiunto: “Credo che lo pensino anche importanti rappresentanti dell’Organizzazione delle stesse Nazioni Unite per i diritti dei rifugiati. È un sistema superato perché quel quadro normativo internazionale che nacque in Europa per proteggere chi fuggiva dalle persecuzioni e dal terrore staliniano, adesso in tutto il mondo viene strumentalmente utilizzato per ‘emigrare’ in modo permanente.”

Secondo Piantedosi, il sistema attuale sarebbe stato manipolato nel corso degli anni, come evidenziato da un recente articolo dell’Economist: “Poiché è quasi impossibile per un cittadino di un Paese povero trasferirsi legalmente in uno ricco, molti lo fanno senza permesso. E negli ultimi due decenni molti hanno scoperto che l’asilo forniva una via d’uscita.” Il ministro ha inoltre sottolineato che la sentenza della Cgue accentua ulteriormente questa problematica.

L’accordo tra Italia e Albania, presentato come una soluzione innovativa per gestire i flussi migratori, è stato più volte citato dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni come un modello da seguire. Tuttavia, il pronunciamento della Corte europea rappresenta un ostacolo significativo per il protocollo bilaterale. Nonostante ciò, il governo italiano rimane fermo nella sua posizione. Piantedosi ha garantito che le strutture in Albania continueranno a funzionare come Cpr e che, in futuro, riprenderanno la loro funzione originaria di centri per le procedure accelerate alla frontiera.

Il ministro ha anche rassicurato i cittadini italiani riguardo alle politiche migratorie adottate dal governo: “I cittadini che quotidianamente si confrontano con gli effetti di un’immigrazione insostenibile stiano certi che proseguiremo in tutte le politiche di contrasto che abbiamo già adottato in questi mesi e la prossima entrata in vigore dei nuovi Regolamenti europei.”

La questione dei centri in Albania e della definizione dei Paesi sicuri si inserisce in un contesto più ampio di dibattito sull’immigrazione e sulle modalità di gestione dei flussi migratori verso l’Europa. La sentenza della Cgue pone interrogativi importanti sulla compatibilità delle politiche nazionali con il diritto europeo e sulla necessità di riformare il sistema internazionale di asilo.

Nonostante le critiche e le difficoltà emerse con la sentenza, il governo italiano sembra deciso a portare avanti la propria linea politica. La strategia adottata mira a contrastare l’immigrazione irregolare e a garantire una gestione più efficiente delle richieste di asilo, anche attraverso accordi bilaterali come quello con Tirana.



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