La morte di Riccardo Zappone, un giovane di 30 anni, avvenuta in seguito a un malore mentre si trovava in una camera di sicurezza della questura di Pescara, ha sollevato interrogativi e preoccupazioni. Secondo l’autopsia effettuata dal medico legale Cristian D’Ovidio, la causa del decesso è stata identificata come una “sommersione interna emorragica da trauma toracico chiuso”. La Procura del capoluogo adriatico ha chiarito che “l’utilizzo del taser da parte del personale di polizia non ha avuto alcun ruolo ai fini del determinismo della morte”.
Il caso si complica ulteriormente, poiché tre persone, tra cui un carrozziere e due giovani operai, sono attualmente indagate per una presunta rissa che avrebbe coinvolto Zappone prima dell’arrivo delle forze dell’ordine. Questi soggetti non sono agenti di polizia, ma avrebbero avuto un ruolo nella colluttazione avvenuta in un’officina nel quartiere San Donato.
Secondo le prime ricostruzioni, Riccardo aveva contattato due volte i numeri di emergenza, 112 e 113, cercando aiuto. La madre, Tiziana, stimata architetta di Pescara, ha dichiarato: “Perché si fidava di loro”. Tuttavia, all’arrivo degli agenti, nonostante fosse presente una certificazione di disabilità psichica, i sanitari non sono stati immediatamente coinvolti. Al contrario, è stato utilizzato il taser, presumibilmente più volte, anche dopo l’arrivo in questura.
Gli investigatori hanno accertato che Riccardo aveva assunto cocaina, una combinazione che, insieme all’uso del taser, potrebbe aver contribuito al decesso. Rimangono aperti interrogativi significativi: quali sono state le cause della rissa? Chi ha condotto Riccardo in questura? E, soprattutto, era necessario ricorrere al taser da parte degli agenti intervenuti?
La famiglia di Riccardo esprime un profondo dolore per la perdita. La madre ha descritto il figlio come “un ragazzo dolcissimo, pieno di sensibilità”, e ha chiesto chiarezza sulla vicenda. “Non punto il dito contro nessuno, ma voglio la verità. Se hanno usato il taser, lo avranno fatto perché era agitato. Ma il taser non è un giocattolo”, ha aggiunto, sottolineando l’importanza di comprendere e rispettare le neurodivergenze.
Anche il padre di Riccardo, Andrea Zappone, insegnante di musica, ha sollevato dubbi sulla gestione della situazione: “Perché è stato portato in commissariato? Non era più opportuno chiamare il 118 e disporre un Tso, come era accaduto in passato?” Inoltre, ha chiesto se fosse davvero necessario utilizzare il taser.
Uno degli indagati, Angelo De Luca, ha commentato la situazione, affermando: “C’è stata una colluttazione tra me e quel ragazzo, mi dispiace come sono andate dopo le cose. Ma nonostante le parolacce e le minacce non l’ho preso a pugni”. De Luca, titolare dell’officina, ha parlato di una caduta durante la colluttazione, in cui Zappone avrebbe sbattuto la testa. Ha descritto il giovane come “fuori di sé, stava agitato, sbraitava, parlava forte”, e ha notato che il ragazzo “era sporco di sangue sotto le narici”.
Il caso ha suscitato un ampio dibattito sull’uso del taser da parte delle forze dell’ordine. Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha espresso cordoglio per la morte di Riccardo e ha assicurato che saranno condotti tutti gli accertamenti necessari per stabilire eventuali responsabilità. “È nostro interesse capire cosa sia accaduto”, ha dichiarato, aggiungendo che il taser è spesso considerato una soluzione meno letale rispetto all’arma da fuoco.
In contrasto, il vicepremier Matteo Salvini ha difeso l’uso del taser, affermando: “Il taser ha salvato centinaia di vite e prevenuto migliaia di reati”, mettendo in guardia contro chi vorrebbe limitarne l’uso. D’altra parte, Maurizio Acerbo, segretario nazionale di Rifondazione Comunista, ha chiesto il divieto del taser, evidenziando i rischi di abusi, soprattutto nei confronti delle persone fragili. “Sono armi che sollevano interrogativi etici e legali in tutto il mondo”, ha dichiarato.
La tragica morte di Riccardo Zappone ha messo in luce le complessità legate all’uso della forza da parte delle forze dell’ordine e ha sollevato interrogativi sulla gestione di situazioni delicate, soprattutto quando coinvolgono individui con fragilità psicologiche. La famiglia e la comunità attendono ora risposte chiare e giustizia per il giovane scomparso.
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