La sentenza di condanna all’ergastolo per Antonio De Pace, accusato dell’omicidio della fidanzata Lorena Quaranta, è stata confermata in via definitiva dalla Corte di Cassazione. Il tragico episodio risale al 31 marzo 2020, durante la prima ondata della pandemia da Covid-19, e si è consumato nell’abitazione della coppia a Furci Siculo, in provincia di Messina. La Suprema Corte ha respinto il ricorso presentato dalla difesa contro la decisione della Corte d’Appello di Reggio Calabria, che il 28 novembre scorso aveva ribadito la condanna al carcere a vita.
Il processo di Appello bis era stato disposto dopo che la stessa Cassazione, nel 2023, aveva annullato con rinvio la precedente sentenza, limitatamente alla mancata concessione delle attenuanti generiche. La difesa aveva cercato di sostenere che il reato fosse maturato in un contesto di stress psicologico legato alla pandemia, ipotizzando che le condizioni straordinarie di quel periodo avessero influenzato lo stato mentale dell’imputato. Tuttavia, i giudici di Reggio Calabria avevano ritenuto questa teoria priva di fondamento, una posizione che è stata ora confermata anche dalla Corte di Cassazione.
Secondo quanto emerso durante il procedimento giudiziario, la giovane Lorena Quaranta, studentessa di medicina prossima alla laurea, è stata uccisa dopo una discussione improvvisa. L’imputato l’ha strangolata e colpita al volto con una lampada. Poco prima dell’aggressione, i due si trovavano insieme a letto a guardare un film. Nonostante le indagini approfondite, il movente dell’omicidio non è stato chiarito completamente, ma il gesto è apparso fin da subito estremamente violento e sproporzionato.
La difesa aveva insistito sull’instabilità emotiva di Antonio De Pace, attribuendola all’ansia generata dal contesto pandemico. La sera precedente al delitto, l’uomo avrebbe manifestato il desiderio di tornare dai genitori, preoccupato dai sintomi influenzali accusati dalla fidanzata. Tale richiesta, però, non poteva essere soddisfatta a causa delle restrizioni imposte dal lockdown. Gli avvocati dell’imputato avevano cercato di far leva su questi elementi per ottenere la concessione delle attenuanti generiche, ma i giudici hanno ritenuto che tali circostanze non fossero sufficienti a giustificare o attenuare la gravità del crimine.
La Cassazione, dopo aver disposto un nuovo processo per valutare le attenuanti, ha confermato integralmente la responsabilità e la gravità del gesto commesso da De Pace. Con questa decisione, l’iter giudiziario si conclude definitivamente: l’uomo dovrà scontare la pena dell’ergastolo.
Il caso ha suscitato grande attenzione mediatica sin dall’inizio, anche per il contesto in cui si è verificato. L’omicidio avvenne nel periodo più critico della pandemia, quando le restrizioni e l’incertezza sanitaria avevano stravolto la vita quotidiana di milioni di persone. Tuttavia, i giudici hanno sottolineato che tali condizioni non possono essere considerate un fattore determinante per spiegare o giustificare un atto così brutale.
La vicenda di Lorena Quaranta rappresenta un doloroso esempio di violenza all’interno delle relazioni sentimentali e ha sollevato interrogativi sul ruolo dei fattori esterni, come lo stress psicologico legato a situazioni straordinarie, nel favorire comportamenti criminali. Nonostante i tentativi della difesa di costruire una narrativa basata sull’instabilità emotiva dell’imputato, le prove raccolte e le dinamiche dell’omicidio hanno portato i giudici a escludere qualsiasi attenuante.
Con la sentenza definitiva della Corte di Cassazione, si chiude un capitolo giudiziario che ha visto il susseguirsi di diverse fasi processuali. La condanna all’ergastolo per Antonio De Pace ribadisce la gravità del crimine commesso e rappresenta un punto fermo nella ricerca di giustizia per la giovane Lorena Quaranta, vittima di un gesto tanto inspiegabile quanto crudele.
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