​​


“Non l’ho messo al mondo, ma quando l’ho visto correre giù dalle scale ho capito che era mio figlio”: l’adozione di Gabriele



Laura, una genovese di 61 anni, condivide la sua storia di adozione internazionale, iniziata nel 2008 quando ha accolto Gabriele, un bambino di origini etiopi di cinque anni. La sua esperienza di maternità è stata segnata da un percorso complesso e carico di emozioni, che ha richiesto tempo e impegno. Inizialmente, Laura e suo marito Paolo non avevano intenzione di avere figli; entrambi avevano superato i trent’anni e Laura portava con sé le cicatrici di un difficile rapporto con il padre. Tuttavia, la situazione è cambiata e, dopo aver compreso che Paolo sarebbe stato un padre meraviglioso, hanno cominciato a considerare l’adozione.



Dopo alcuni tentativi infruttuosi di concepire, Laura ha proposto a Paolo di intraprendere il percorso dell’adozione. “Quando sono arrivata alla consapevolezza che mio marito sarebbe stato un padre meraviglioso, avevo già 38 anni. Abbiamo provato ad avere un figlio ma non è arrivato”, ha spiegato. Non volendo ricorrere alla procreazione medicalmente assistita, hanno deciso di avviare l’iter per l’adozione.

Nel 2006, la coppia ha iniziato a informarsi e a raccogliere la documentazione necessaria. Laura ricorda che, in quel periodo, l’attesa per un’adozione nazionale era di circa sei anni, quindi hanno optato per un’adozione internazionale. “Il percorso è molto complesso, sia per le adozioni nazionali che internazionali, e richiede tantissimi documenti, analisi del sangue e controlli sui carichi pendenti”, ha detto. Nonostante le difficoltà, in un anno sono riusciti a completare tutto il necessario, grazie anche al supporto di un’assistente sociale che li ha seguiti attentamente.

Dopo aver atteso alcuni mesi per l’approvazione del tribunale, Laura e Paolo hanno trovato un’associazione a Chiavari, in Liguria, che lavorava con diversi paesi, tra cui Etiopia. Inizialmente, si erano aperte opportunità per adottare un bambino in Russia, ma a causa di un blocco delle adozioni da parte di quel paese, si sono orientati verso Gabriele. “Già a settembre del 2007 ci avevano richiamato dicendo che c’era un bimbo etiope di 5 anni e mezzo. Noi abbiamo detto subito di sì”, ha affermato Laura.

Nel 2008, dopo aver ricevuto l’okay dal tribunale, la coppia ha dato mandato all’associazione per avviare l’iter burocratico con l’Etiopia. “Mio figlio, Gabriele, era ad Addis Abeba. Siamo riusciti a partire a maggio 2008, dove saremmo dovuti rimanere 20 giorni”, ha raccontato. Durante questo periodo, hanno avuto la possibilità di comunicare con Gabriele attraverso lettere e fotografie, per prepararlo al loro incontro.

I venti giorni trascorsi in Etiopia sono stati cruciali per costruire un legame di fiducia con il bambino. “Gabriele era stato abbandonato e cresciuto in una casa famiglia. Ricordo che ci aspettava, chiedeva sempre: ‘Quando arrivano?'”, ha spiegato Laura. Questo tempo insieme ha permesso al bambino di sentirsi ancora nel suo ambiente, facilitando la conoscenza reciproca. Nonostante ciò, Laura ha riconosciuto che ci sono stati momenti difficili anche in quel contesto.

Il loro incontro è stato un momento indimenticabile per Laura. “Quando lo ricordo, è come se l’avessi vissuto il giorno prima. Quando siamo entrati, lui non è riuscito più a resistere, è corso giù dalle scale e si è seduto sulle mie ginocchia”, ha raccontato. In quel momento, ha sentito un legame immediato con il bambino, descrivendo l’emozione come unica.

Al ritorno in Italia, la famiglia ha affrontato nuove sfide. Gabriele era consapevole di essere in un ambiente sconosciuto e ha dovuto adattarsi rapidamente. “Ci sono stati momenti complicati perché all’inizio non riuscivamo a capirci sempre bene, aveva gli incubi”, ha detto Laura. Nonostante le difficoltà iniziali, Gabriele ha iniziato la prima elementare e ha avuto successo negli studi, laureandosi lo scorso anno e proseguendo ora gli studi in Spagna.

Tuttavia, non sono mancati episodi di razzismo. Laura, attivamente coinvolta nell’associazione Mamme per la Pelle, ha sottolineato che, sebbene gli episodi siano stati pochi a Genova, ci sono stati momenti difficili. “Mio figlio è rimasto ferito quando ai suoi amici chiedevano la carta d’identità e a lui il permesso di soggiorno. Quando è capitato, rispondeva: ‘Ma io sono italiano'”, ha spiegato. Un episodio particolarmente spiacevole è accaduto a Verona, dove un ausiliare del traffico ha fatto un commento inappropriato, ma la famiglia ha ricevuto scuse ufficiali che hanno avuto un impatto positivo su Gabriele.

Laura conclude la sua storia con una riflessione sulla genitorialità. “Posso dire che il legame ‘di sangue’ non vale più di quello che crei quando ti prendi cura di un bambino”, ha affermato. “I genitori sono quelli che ci sono sempre nei momenti di gioia, dolore e difficoltà”. La sua esperienza dimostra che l’amore e la presenza possono superare qualsiasi barriera.

GPT-4o

Scegli un altro modello per rispondere

Traduci
Calendario
Documento
Mappa mentale
Mermaid
Modulo
Tutto
Monica


Add comment