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Obbligata ad abortire con 15 pillole e a pagare per non far circolare i video: 8 anni all’ex compagno



Una drammatica vicenda di abusi e persecuzioni si è conclusa con una condanna a otto anni di reclusione per un uomo di 32 anni, accusato di aver inflitto anni di violenze fisiche, psicologiche ed economiche a una donna salentina. Il Tribunale di Lecce ha riconosciuto l’uomo colpevole di maltrattamenti in famiglia, atti persecutori aggravati, lesioni personali e tentata diffusione di materiale sessualmente esplicito, noto come revenge porn.



Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, gli episodi di violenza si sono protratti per oltre due anni, dal gennaio 2022 al maggio 2024. Durante questo periodo, la vittima ha vissuto in una condizione di estrema paura e soggezione, sia durante la relazione con l’uomo che dopo la sua decisione di porre fine al rapporto. Le aggressioni si sono intensificate nel tempo, trasformando la vita della donna in un incubo quotidiano.

La situazione è degenerata al punto che la vittima è stata costretta ad abortire assumendo ben 15 pillole sotto minaccia, per poi essere abbandonata in strada. Anche dopo la separazione, le violenze non sono cessate. L’uomo ha continuato a perseguitarla, aggredendola fisicamente e minacciandola di morte per impedirle di denunciare i fatti alle autorità. La donna è stata inoltre obbligata a versare metà del suo stipendio all’ex compagno sotto il ricatto della diffusione di video privati a contenuto sessuale.

Le indagini, condotte dalla Procura di Lecce, hanno evidenziato un quadro di abusi sistematici e pianificati. La vittima ha trovato il coraggio di denunciare il suo aguzzino solo dopo l’ennesima aggressione avvenuta nel maggio 2024. Questo ha portato all’arresto dell’uomo e al processo che si è concluso con la sentenza emessa dal Tribunale.

Oltre alla pena detentiva, l’uomo è stato condannato all’interdizione perpetua dai pubblici uffici e all’interdizione legale per tutta la durata della condanna. Questi provvedimenti mirano a garantire che l’uomo non possa ricoprire ruoli istituzionali o esercitare diritti civili durante il periodo della sua reclusione.

La vicenda ha suscitato grande indignazione nell’opinione pubblica, portando alla luce il fenomeno ancora troppo diffuso della violenza domestica e delle persecuzioni post-relazione. Il caso di Lecce rappresenta un ulteriore monito sulla necessità di intervenire tempestivamente per proteggere le vittime e punire i responsabili.

La donna, che ha preferito mantenere l’anonimato per tutelare la propria privacy, ha affrontato un lungo percorso di sofferenza ma anche di resilienza. La sua testimonianza è stata fondamentale per ricostruire i fatti e ottenere giustizia. Gli inquirenti hanno sottolineato come il coraggio della vittima sia stato determinante per far emergere la verità e mettere fine agli abusi.

Il fenomeno del revenge porn, che consiste nella diffusione non consensuale di materiale sessualmente esplicito per vendetta o coercizione, è stato uno degli elementi centrali del caso. In Italia, questa pratica è considerata un reato grave e punibile con pene severe. La vicenda di Lecce evidenzia quanto sia importante sensibilizzare l’opinione pubblica su questi temi e fornire strumenti adeguati alle vittime per difendersi.

La condanna rappresenta un passo importante verso la giustizia, ma anche un invito a riflettere sulla necessità di prevenire situazioni simili attraverso un maggiore supporto alle donne che vivono in contesti di violenza domestica. Le istituzioni locali e nazionali sono chiamate a intensificare gli sforzi per garantire la sicurezza delle vittime e promuovere una cultura del rispetto e della non violenza.

Il caso giudiziario si chiude con una sentenza che mira a restituire dignità alla vittima e a lanciare un messaggio chiaro: le violenze e le persecuzioni non possono essere tollerate. Tuttavia, resta fondamentale continuare a lavorare per creare una società in cui episodi simili non abbiano più luogo.



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