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Paradosso sul rimborso spese per gli agenti indagati dopo la sparatoria per Legrottaglie



L’avvocato Giorgio Carta denuncia un’anomalia: se indagine o processo si concludono con proscioglimento, il rimborso potrà comunque essere ridotto, anche se le spese erano nella media.



Quando la Procura di Taranto ha notificato l’avviso di garanzia ai due agenti coinvolti nella sparatoria che ha portato alla morte di Michele Mastropietro, autore dell’omicidio del brigadiere Carlo Legrottaglie, “si è trattato di un atto dovuto”, spiega l’avvocato Giorgio Carta, che difende i poliziotti insieme al collega Antonio Maria La Scala  .

Quella decisione, leggera ma puntuale sul piano procedurale, ha aperto un dibattito sul piano sostanziale: chi provvede alle spese legali sostenute dagli agenti per dimostrare la propria correttezza durante il processo, una volta concluso con un proscioglimento pieno?

L’atto dovuto

Secondo Carta, l’iscrizione nel registro degli indagati era un elemento necessario per garantire il diritto di difesa degli agenti, permettendo loro di nominare consulenti tecnici, partecipare all’autopsia e dimostrare la legittimità dell’intervento  . L’avvocato chiarisce che «non si tratta di un’accusa», bensì di un requisito formale che assicura agli investigati la possibilità di far emergere la verità in maniera trasparente  .

Tuttavia, avverte, “il problema non è l’atto dovuto, ma ciò che accade dopo”  .

Il paradosso italiano: spese non sempre rimborsate

E qui entriamo nel cuore della questione: anche con un proscioglimento totale, non è affatto scontato che lo Stato rimborsi l’intero ammontare delle parcelle legali sostenute. L’avvocatura statale, infatti, interviene valutando la “congruità” delle spese, potendo decidere di decurtare, fino a risarcire solo una parte, talvolta anche quando queste corrispondevano a tariffe medie di mercato  .

Questa discrezionalità si fonda su esigenze di “contenimento della spesa pubblica”, secondo criteri che Carta giudica più economico-finanziari che equitativi, e sovente supportate da sentenze dei Tribunali Amministrativi Regionali  .

Il decreto sicurezza: un passo, non la soluzione

Il recente decreto sicurezza ha aumentato il tetto per l’anticipo delle spese legali da 5.000 a 10.000 € per fase processuale nel caso di fatti di servizio  . Se da un lato questa misura appare “apprezzabile”, dall’altro resta insufficiente per assicurare la copertura completa e senza sorprese .

“Il rischio — scrive Carta — è che la tutela resti sulla carta” e che l’agente venga rimborsato solo in parte, “visto che non di rado sono giudicate eccessive perfino le tariffe medie” .

Conseguenze pratiche e dissuasione

La preoccupazione espressa dall’avvocato è che questa situazione generi un effetto dissuasivo concreto. Se un poliziotto sa che potrebbe essere indagato anche in situazioni di legittimo intervento e che dovrà difendersi a proprie spese, potrà inconsciamente esitare. Ma – ammonisce Carta – “un poliziotto che esita, per paura delle conseguenze giudiziarie o economiche, non è più in grado di tutelare la sicurezza pubblica né sé stesso”  .

Appello a una riforma normativa

Per il legale, se lo Stato pretende rischio personale e coraggio dai suoi uomini, “deve offrire loro certezze, non conti da pagare”. La tutela legale non può dipendere dall’interpretazione di un ufficio o dalla solidità del singolo professionista. Deve essere garantita come un dovere, non erogata a discrezione  .

Reazioni politiche e sociali

La vicenda ha suscitato reazioni da più fronti. Il Sindacato Autonomo di Polizia (SAP) ha difeso gli agenti, evidenziando che si tratta di persone che hanno rischiato la vita per fermare crimini violenti, e criticando quella che definiscono una “follia giuridica”  .

Il segretario generale Stefano Paoloni e il tenente colonnello Gianfranco Paglia del Nuovo Sindacato Carabinieri hanno chiesto un’immediata revisione della normativa, sostenendo che l’avviso di garanzia non debba essere automatico in caso di legittimo intervento  .

Nel frattempo, esponenti di Fratelli d’Italia (Galeazzo Bignami), Forza Italia (Maurizio Gasparri) e Lega (Igor Iezzi) hanno denunciato l’incongruenza di accomunare giuridicamente criminali e chi agisce in servizio, definendo il meccanismo dell’avviso una fonte di “amarezza” e “paradosso”  .

La richiesta comune è chiara: bisogna modificare le norme di procedura penale prevedendo verifiche preliminari per gli interventi delle forze dell’ordine, anziché notificare automaticamente l’avviso .

Dati normativi e giurisprudenza

Il Codice di procedura penale, integrato da orientamenti della Cassazione, prevede che l’Avvocatura dello Stato stabilisca limiti di spesa congrui da rimborsare ai dipendenti pubblici accusati per fatti inerenti al servizio  . Tuttavia, la stessa Corte ha riconosciuto un conflitto di interessi in questo processo decisionale, essere affidato allo stesso ente che agisce come parte  .

Prossimi sviluppi

Attualmente, l’inchiesta penale per eccesso colposo, avviata come atto dovuto, mira a stabilire se l’uso delle armi sia stato proporzionato e necessario. L’autopsia sul corpo di Mastropietro, prevista il 17 giugno, sarà un elemento cruciale per accertare le ragioni del decesso  .

In parallelo, si assiste a una crescente richiesta di riforma normativa per salvaguardare i diritti degli agenti. Si discute di modificare l’iter processuale, rendere automatici rimborsi integrali, e non lasciare gli operatori esposti a spese ingenti, anche in caso di proscioglimento.



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