La prossima edizione internazionale della CPAC potrebbe tenersi in Italia, già a partire dal prossimo anno. Ma per realizzare questo progetto servono due elementi fondamentali: il sostegno deciso della premier Giorgia Meloni e adeguati finanziamenti.
A dirlo è Matt Schlapp, presidente della Conservative Political Action Conference, la più influente lobby conservatrice e trumpiana degli Stati Uniti. Ogni anno la CPAC organizza una grande conferenza che vede la partecipazione del presidente americano e dei principali esponenti del movimento Maga. L’edizione del 2026 è già programmata per marzo a Dallas.
Giorgia Meloni ha partecipato a questo evento in passato, prima di diventare presidente del Consiglio, durante il suo percorso di accreditamento negli ambienti conservatori americani. Oggi, la CPAC guarda all’Italia come nuova sede europea della conferenza, dopo diverse edizioni tenute a Budapest, scelta per la sua affinità con il premier ungherese Viktor Orbán.
«Stiamo valutando l’Italia da tempo – spiega Schlapp – Chi non vorrebbe andarci? È un Paese straordinario, ricco di storia. Sarebbe un passo avanti decisivo per portare il nostro messaggio in Europa».
Ma perché il progetto si realizzi, avverte Schlapp, servono due condizioni:
«La prima è il sostegno della premier Meloni. È casa sua, non possiamo presentarci senza il suo consenso. Ma non ci basta una presenza formale: abbiamo bisogno di un appoggio politico autentico, soprattutto rispetto ai contenuti dell’agenda che vogliamo portare sul palco. Questo è il nodo centrale su cui stiamo lavorando da tempo».
Il secondo ostacolo riguarda i fondi:
«Organizzare conferenze di questo tipo è costoso. Negli Stati Uniti è normale che le aziende sponsorizzino eventi politici, ma in Italia è diverso: le imprese tendono a stare lontane da iniziative con una connotazione politica così forte».
Un’eventuale adesione di Meloni potrebbe però metterla in una posizione delicata: da una parte il rischio di scontentare gli organizzatori americani, dall’altra quello di esporsi a critiche da parte delle istituzioni europee. Schlapp è netto:
«Il suo sostegno politico resta per noi imprescindibile».



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