È stato arrestato in flagranza di reato mentre riceveva del denaro contante, ritenuto una tangente. Si tratta di Roberto Palumbo, originario di Cassino, primario del reparto di Nefrologia e Dialisi dell’ospedale Sant’Eugenio di Roma, già indagato dalla Procura per corruzione. Secondo l’accusa, il medico avrebbe indirizzato pazienti in dialisi verso strutture private convenzionate, in cambio di denaro.
Con lui è finito in manette anche Maurizio Terra, imprenditore e legale rappresentante della Dialeur, società accreditata con la Regione Lazio per la gestione di un centro ambulatoriale di dialisi. I due sono stati fermati giovedì sera dagli uomini della Squadra Mobile di Roma: a confermare i sospetti degli investigatori, un pagamento in contanti di 3.000 euro.
Il giorno successivo, venerdì, il pubblico ministero Gianfranco Gallo ha interrogato entrambi: Palumbo è rimasto in carcere, mentre per Terra sono stati disposti gli arresti domiciliari.
Nel frattempo, gli agenti hanno effettuato perquisizioni anche nei confronti di altri soggetti coinvolti, tra cui:
-
Giovanni Lombardi (fondatore di Nefrocenter),
-
i nefrologi Carmine De Cicco e Annalisa Maria Valeria Pipicelli,
-
Nicolò Lucio Vinciguerra (presidente del CdA di Namur),
-
Federico Germani (rappresentante legale della Omnia 2025),
tutti indagati per corruzione. Sono state inoltre sentite altre due persone, al momento non indagate. Gli arresti saranno valutati dal giudice per le indagini preliminari, che si è riservato la decisione.
L’indagine: 14 gli indagati, al centro un presunto giro di mazzette
L’inchiesta, coordinata dall’aggiunto Giuseppe De Falco e dal pm Gallo, è partita oltre un anno fa grazie alla denuncia di un altro nefrologo. Inizialmente l’accusa per Palumbo era di concussione, poi evoluta in corruzione: secondo i magistrati, il primario avrebbe indirizzato pazienti dimessi dal Sant’Eugenio verso cliniche private in cambio di somme di denaro. In tutto, le strutture coinvolte sarebbero cinque.
Determinante la denuncia del nefrologo Carmelo Antonio Alfarone, il quale ha dichiarato di aver dovuto pagare a Palumbo circa 700mila euro tra il 2019 e il 2021. I pagamenti – 3.000 euro per ogni paziente, per un totale di 120.000 euro – sarebbero stati versati affinché Palumbo continuasse a mandargli pazienti. Alfarone avrebbe anche pagato l’affitto della casa del primario (inclusi i mobili), il leasing della sua Mercedes e diverse spese personali con tre carte di credito intestate a un’associazione. Avrebbe inoltre dovuto assumere la compagna di Palumbo con uno stipendio mensile di 2.500 euro.
Le intercettazioni, durate oltre un anno, avrebbero fatto emergere un sistema consolidato di mazzette e finte consulenze, con false fatture emesse tramite una società appositamente costituita. In un episodio chiave, gli agenti hanno documentato la consegna di una mazzetta all’interno dell’auto in uso al primario, vicino agli uffici della Regione Lazio.
La difesa: “Non tangente, ma anticipo sugli utili”
Durante l’interrogatorio, Palumbo e Terra – assistiti dall’avvocato Antonello Madeo – hanno fornito una versione alternativa. Secondo Palumbo, quei 3.000 euro rappresenterebbero un anticipo sugli utili della società Dialeur, di cui si sarebbe socio occulto al 60% (il restante 40% sarebbe detenuto da Nefroline, del gruppo Nefrocenter).
Il medico ha parlato di un conflitto tra nefrologi come causa scatenante della denuncia, sostenendo di aver ricevuto nel 2024 solo 5-6mila euro di utili. Tuttavia, per la Procura il giro d’affari illecito sarebbe ben più ampio. Intercettazioni e conversazioni registrate sono già state depositate a supporto della richiesta di convalida degli arresti.
Ora la parola spetta al giudice, che dovrà decidere se accogliere la richiesta dei pm o disporre la scarcerazione degli indagati.



Add comment