La storia di Raffaella Granata è segnata da un profondo legame con il passato e un forte desiderio di giustizia. A soli 26 anni, ha realizzato il suo sogno di diventare magistrato, dedicando questa importante conquista al nonno, Raffaele, assassinato nel 2008 per aver denunciato il racket. “Caro nonno, hai visto, ce l’ho fatta. Soprattutto per te”, ha condiviso su Repubblica, esprimendo la sua gratitudine e la motivazione che l’ha guidata nel suo percorso.
Raffaele Granata era un imprenditore onesto, titolare del lido La Fiorente a Castel Volturno, in provincia di Caserta. La sua vita è stata tragicamente interrotta quando, all’età di 70 anni, è stato ucciso dai membri del clan dei Casalesi. Questo atto di violenza ha segnato profondamente la vita di Raffaella, che all’epoca aveva solo 9 anni. La perdita del nonno ha acceso in lei la passione per la giustizia, un seme che è cresciuto nonostante le difficoltà di vivere in una terra segnata dalla criminalità.
Oggi, all’uscita dal Ministero della Giustizia di via Arenula, Raffaella è stata immortalata insieme ai genitori, Franco e Imma, entrambi visibilmente emozionati per il traguardo raggiunto dalla figlia. Con un punteggio di 83 su 100 all’esame orale, Raffaella si sente pronta a intraprendere il cammino che si è prefissata fin da giovane, ispirata da figure emblematiche come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, nonché dai magistrati del pool di Mani Pulite e dai tanti che combattono la criminalità organizzata in Campania. “Hanno fatto un lavoro così importante senza fermarsi mai”, ha dichiarato, citando anche nomi di magistrati che hanno lasciato un segno indelebile nel sistema giudiziario.
Il lido di Castel Volturno, dove si è consumato il dramma familiare, rappresenta non solo il luogo della tragedia, ma anche un simbolo di resilienza e identità per Raffaella. La giovane porta con sé un tatuaggio che riporta le coordinate geografiche del lido, un modo per mantenere viva la memoria del nonno e il legame con la sua terra. “È il simbolo della resilienza e della bellezza della mia terra”, ha affermato con orgoglio, sottolineando l’importanza di rimanere nella propria comunità e sostenere i più vulnerabili.
Raffaella non si ferma qui; il suo sogno è quello di diventare giudice. Durante il suo tirocinio, ha avuto l’opportunità di lavorare accanto a un magistrato di grande integrità, che l’ha motivata e le ha fornito una visione chiara e appassionante della professione. Per lei, essere magistrato rappresenta non solo un traguardo personale, ma anche un impegno collettivo verso la giustizia. “Alla fine ha dato la vita perché pensava che di fronte alla violenza bisogna battersi”, ha affermato, richiamando l’eredità di lotta e coraggio lasciata dal nonno.
La storia di Raffaella Granata è un esempio di come il dolore possa trasformarsi in determinazione e come le esperienze personali possano spingere a lottare per un futuro migliore. La sua dedizione e il suo impegno nel perseguire la giustizia non solo onorano la memoria di Raffaele, ma rappresentano anche una speranza per una società più giusta. Con il supporto della sua famiglia e la forza del suo passato, Raffaella è pronta a intraprendere un percorso che potrebbe ispirare molti altri a seguire le proprie passioni e a combattere contro le ingiustizie.
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