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RaiTre, imbarazzo in studio: lo storico parla di fascismo e tira in ballo l’Ue



Il noto storico Giordano Bruno Guerri ha sollevato preoccupazioni in merito alla qualità della classe politica attuale, affermando che si sta assistendo a un evidente decadimento. Durante un intervento su RaiTre, ha dichiarato: “Vedo una classe politica che si sta progressivamente abbassando di qualità.” Inoltre, ha messo in guardia su un possibile ritorno di forme di fascismo, citando come esempio la situazione della Cina, con il suo partito unico, e osservando come anche in Occidente un gruppo ristretto di individui possa influenzare l’opinione pubblica attraverso i social media e l’intelligenza artificiale, arrivando a condizionare i risultati elettorali.



Un rapporto recente, redatto da Thomas Fazi, giornalista e ricercatore italiano, ha messo in luce un aspetto poco conosciuto dell’Unione Europea: la sua macchina di propaganda istituzionale. Questo documento, intitolato The EU’s Propaganda Machine, è stato pubblicato dal centro studi ungherese MCC Bruxelles e descrive come l’Unione Europea utilizzi una strategia ben articolata per promuovere i propri valori politici sotto l’apparente scudo della promozione della democrazia.


Secondo il rapporto, l’Unione Europea ha messo in piedi un sistema di finanziamenti che sostiene organizzazioni non governative (ONG) e centri di ricerca, i quali realizzano progetti destinati a orientare le opinioni pubbliche dei Paesi membri. Questi fondi, che si muovono sotto la bandiera degli aiuti alla democrazia, sono utilizzati per promuovere l’agenda politica di Bruxelles e l’integrazione europea, mostrando una faccia di marketing politico mascherato da valori democratici.

Il progetto CERV, avviato nel 2021 dalla Commissione Europea, ha un ruolo centrale in questa operazione. Tra i suoi obiettivi c’è quello di “tutelare e promuovere i valori europei”. Fazi ha paragonato questa strategia a quella adottata dagli Stati Uniti con USAID, ma con una differenza sostanziale: mentre USAID si occupa di influenzare l’opinione pubblica in Paesi stranieri, i progetti europei mirano a influenzare l’opinione pubblica all’interno degli stessi Stati membri dell’Unione.

Il rapporto evidenzia che l’Unione Europea, attraverso progetti che si presentano come promozione di valori universali, agisce per “distorcere i dibattiti pubblici su questioni politiche chiave” e per favorire una narrazione unilaterale. Questo approccio solleva preoccupazioni riguardo al declino democratico in corso in Europa, poiché i fondi europei vengono utilizzati come strumenti per silenziare il dissenso e consolidare il potere della Commissione.

La questione dei costi di questa macchina di propaganda è complessa. Fazi spiega che è difficile quantificare le spese, poiché i fondi non sono sempre convogliati in progetti specifici, ma distribuiti attraverso molteplici iniziative. Si parla di 1,8 miliardi di euro destinati alla promozione di “Diritti e valori”, insieme ad altri finanziamenti per l’innovazione digitale, che in parte vengono utilizzati nella lotta contro la “disinformazione”, un termine che spesso viene usato per etichettare opinioni divergenti.

Il rapporto accusa la Commissione Europea di finanziare ONG e think tank che agiscono come sostenitori della sua agenda, distorcendo il concetto stesso di società civile. Questa situazione genera una dipendenza finanziaria da Bruxelles, trasformando queste organizzazioni in veicoli per promuovere narrazioni pro-UE e screditare posizioni euroscettiche.

Un altro aspetto critico riguarda la promozione della censura sotto il pretesto di combattere la disinformazione. Progetti come RevivEU, finanziato con 645.000 euro, mirano a contrastare le narrazioni euroscettiche e a rivitalizzare l’immagine dell’Unione Europea presso i cittadini. Inoltre, si finanziano portali informativi “approvati” e algoritmi per indirizzare contenuti considerati “affidabili”, creando un contesto in cui ogni messaggio critico verso l’UE viene automaticamente etichettato come disinformazione.

Il rapporto mette in evidenza anche le ingerenze politiche della Commissione negli affari interni di Stati membri governati da forze euroscettiche. In Ungheria, per esempio, le ONG finanziate da Bruxelles hanno attaccato il governo di Viktor Orbán, mentre in Polonia si è creato un asse tra società civile “europeista” e Commissione per indebolire il partito conservatore PiS. Le ingerenze possono manifestarsi in modi diretti, come il congelamento di fondi strutturali, o indiretti, utilizzando ONG locali per delegittimare governi eletti.

Un caso emblematico è quello della Romania, dove la Commissione ha investito ingenti somme in progetti pro-UE. Le ONG romene hanno ricevuto fondi per attività che mirano a “contrastare la disinformazione” e “monitorare il linguaggio” dei rappresentanti politici. Tuttavia, la reazione della Commissione nei confronti di eventi come l’esclusione del candidato Călin Georgescu dalle elezioni presidenziali ha evidenziato un paradosso: mentre la Commissione si presenta come custode della democrazia, risulta complice in azioni che minano la sovranità popolare.



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