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Robert Redford, la malattia e le difficoltà: dall’infezione all’orecchio alla poliomielite



Si è spento a 89 anni Robert Redford, leggenda del cinema americano, attore, regista e produttore. È morto nel sonno, circondato dall’affetto dei suoi cari. La sua agente, annunciando la notizia, non ha diffuso le cause del decesso e ha chiesto rispetto per la privacy della famiglia. La scomparsa di Redford segna l’addio a uno dei protagonisti assoluti di Hollywood, ma dietro le luci dei riflettori la sua vita è stata segnata anche da prove dolorose e problemi di salute affrontati con coraggio.



La poliomielite nell’infanzia

Nella sua autobiografia del 2011, Redford rivelò per la prima volta di aver contratto la poliomielite da bambino, dopo una giornata trascorsa a nuotare nell’oceano. “Non riuscivo a muovermi bene, ma non ero paralizzato”, raccontò, spiegando di essere rimasto a letto per due settimane in condizioni di grande sofferenza fisica e mentale.

A prendersi cura di lui fu la madre, che lo assistette giorno dopo giorno: “Ogni giorno la mamma si sedeva accanto al mio letto con dei panni bagnati e mi tamponava gli occhi per riuscire ad aprirli. Mi ha aiutato ad andare avanti”.

Grazie a quella assistenza amorevole e a una ripresa fortunatamente rapida, Redford tornò presto in piedi. Anni dopo, ricordando la paura che la poliomielite generava nelle famiglie degli anni Quaranta, espresse gratitudine a Jonas Salk, lo scienziato che sviluppò il vaccino: “Prima che Salk scoprisse il vaccino, tutto ciò che vedevi erano persone nei polmoni d’acciaio. Quando inventò il vaccino fu una notizia sconvolgente”.

La perdita dell’udito dopo un film

Nel 2013, durante le riprese del film All is lost – Tutto è perduto, Redford decise di girare molte scene senza controfigure. Si sottopose a lunghe immersioni e a getti d’acqua ripetuti, fino a sviluppare una grave infezione all’orecchio. L’infezione gli provocò una perdita del 60% dell’udito, che si rivelò irreversibile.

“Andai da un otorino nello Utah e mi disse: ‘Hai perso parte dell’udito’. Gli chiesi: ‘Lo recupererò?’. E lui mi disse di no”, raccontò con amarezza. Da quel momento Redford dovette convivere con una condizione permanente, che non lo allontanò però dalla recitazione e dal suo amore per il cinema.

Il salto pericoloso da adolescente

Oltre alla malattia e ai problemi di salute, l’attore ricordò un episodio rischioso della sua adolescenza. Durante le superiori, vittima di un gruppo di bulli, decise di affrontarli accettando una sfida: saltare da un piano di un edificio. Un gesto che poteva costargli la vita, ma dal quale uscì miracolosamente illeso.

Per un periodo entrò a far parte della gang, commettendo piccoli furti. A 16 anni venne fermato dalla polizia, che trovò gioielli rubati nella sua auto. Fu il padre a convincere gli agenti della sua estraneità, evitandogli guai giudiziari. Quell’esperienza fu per Redford una lezione di vita che lo spinse a prendere le distanze da ambienti pericolosi.

Un’icona tra fragilità e forza

La vita di Robert Redford è stata un intreccio di successi artistici, battaglie civili e fragilità personali. Amato in tutto il mondo per film come Butch Cassidy, La stangata e La mia Africa, il suo percorso umano ha mostrato come anche le grandi stelle di Hollywood abbiano conosciuto difficoltà, dolori e limiti.

Oggi, mentre il cinema e i suoi fan piangono la sua scomparsa, resta l’immagine di un artista che ha saputo trasformare le proprie ferite in forza, lasciando un’eredità che va oltre lo schermo.



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