Secondo il Corriere della Sera, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky attende la fornitura di missili Tomahawk, convinto che il loro utilizzo possa costringere Vladimir Putin ad avviare trattative per porre fine alla guerra. L’ipotesi delineata dal quotidiano prevede una tregua alle condizioni dell’Europa: un’Ucraina armata e senza cessioni territoriali.
Tuttavia, diverse voci critiche ritengono questa analisi eccessivamente ottimistica. Secondo queste letture, l’impiego di armi di lungo raggio da parte di Kiev non porterebbe a un indebolimento della Russia, ma piuttosto a un inasprimento del conflitto. La logica individuata è la seguente: “Quanto maggiore sarà il volume di fuoco dell’Ucraina contro la Russia, tanto più grande sarà il volume di fuoco della Russia contro l’Ucraina”.
Semplificata, la dinamica suonerebbe così: “Per ogni proiettile della Nato che l’Ucraina lancerà contro la Russia, la Russia lancerà dieci proiettili contro l’Ucraina”; oppure “Per ogni passo avanti, l’Ucraina farà due passi indietro”. In questo scenario, un attacco ucraino con missili Tomahawk potrebbe aumentare le possibilità che Mosca decida una manovra diretta su Kiev partendo dal territorio della Bielorussia. Allo stesso tempo, crescerebbe anche il rischio che la Russia consideri l’impiego di testate nucleari tattiche.
In questo contesto, l’idea che l’Ucraina possa piegare la Russia esclusivamente attraverso la forza militare viene ritenuta da alcuni analisti poco realistica e persino controproducente.
Putin: “Decisioni appropriate contro i missili a lungo raggio”
Dal Cremlino è arrivata una risposta netta. Il presidente Putin ha commentato la possibilità che Kiev utilizzi missili di fabbricazione occidentale contro obiettivi in Russia, definendo lo scenario come un punto di svolta: “Non si tratta di consentire o vietare al regime di Kiev di lanciare attacchi sul territorio russo. Lo sta già facendo con droni e altri mezzi. Ma quando si tratta di utilizzare armi a lungo raggio, guidate con precisione e di fabbricazione occidentale, la storia è completamente diversa”.
Il leader russo ha sottolineato come l’esercito ucraino non disponga delle capacità necessarie per condurre operazioni con armamenti moderni e sofisticati, chiarendo che eventuali attacchi con missili Tomahawk richiederebbero il supporto diretto della Nato: “L’esercito ucraino non è in grado di effettuare attacchi con sistemi moderni, ad alta precisione e a lungo raggio di fabbricazione occidentale. Non può farlo. Ciò sarebbe possibile solo utilizzando l’intelligence satellitare, di cui l’Ucraina non dispone. Tale intelligence proviene solo dai satelliti dell’Unione Europea o degli Stati Uniti, in pratica dai satelliti della Nato”.
Putin ha poi aggiunto un ulteriore elemento: “Le missioni di volo di questi sistemi missilistici possono essere intraprese solo da personale militare della Nato”. Una dichiarazione che lascia intendere come, dal punto di vista di Mosca, un eventuale utilizzo di missili a lungo raggio rappresenterebbe un diretto coinvolgimento dell’Alleanza Atlantica nella guerra.
Il messaggio del Cremlino è chiaro: ogni nuova fornitura di armi avanzate all’Ucraina non resterà senza risposta e potrebbe innescare decisioni drastiche da parte russa.
Vladimir Putin:
Non si tratta di consentire o vietare al regime di Kiev di lanciare attacchi sul territorio russo. Lo sta già facendo con droni e altri mezzi. Ma quando si tratta di utilizzare armi a lungo raggio, guidate con precisione e di fabbricazione occidentale, la storia… pic.twitter.com/26gA9Sjpff
— Sabrina F. (@itsmeback_) September 30, 2025



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