Una dirigente medico di 66 anni è attualmente sotto processo presso il tribunale di Ancona per la morte di un feto, avvenuta il 24 agosto 2019, all’ospedale Salesi. Il feto, che era giunto alla 38esima settimana di gestazione, non è sopravvissuto e la madre, Zohra Ben Salem, di 34 anni, è deceduta durante il parto. Zohra, originaria della Tunisia e residente a Loreto, era madre di altri due bambini.
La dirigente, che all’epoca ricopriva il ruolo di responsabile dell’attività ambulatoriale della clinica di Ostetricia e Ginecologia, aveva visitato la paziente tre giorni prima dell’evento fatale. È accusata di interruzione colposa di gravidanza. La donna era tornata all’ospedale per un monitoraggio programmato, dopo essere stata già visitata per controlli tre giorni prima, quando le era stata diagnosticata una patologia insorta con la gravidanza, il diabete gestazionale. Nonostante fosse considerata una paziente a rischio, le era stato permesso di tornare a casa.
Durante il successivo monitoraggio, i medici hanno constatato che il feto non presentava più battito cardiaco. Di conseguenza, è stato indotto il parto, ma durante il travaglio si è verificata una complicazione che ha portato alla morte della madre. L’autopsia ha rivelato che Zohra è deceduta a causa di un’embolia polmonare da liquido amniotico.
La Procura ha aperto un’inchiesta che ha coinvolto inizialmente 23 membri del personale sanitario, formulando due ipotesi di reato: omicidio colposo e interruzione colposa di gravidanza. Per 22 di questi, le posizioni sono state archiviate. La dirigente medico, difesa dall’avvocato Marco Pacchiarotti, è attualmente in fase di processo davanti alla giudice Antonella Passalacqua.
Nell’udienza odierna, sono stati ascoltati due periti della difesa, il medico legale Mauro Pesaresi e il ginecologo Domenico Arduini, oltre alla stessa imputata. I due esperti hanno sostenuto che la morte del feto è stata improvvisa e che, anche se la paziente fosse stata ricoverata nei giorni precedenti, non ci sarebbero state certezze sul salvataggio della bambina. “Segni premonitori della morte endouterina fetale sono scarsi o mancano del tutto in questi casi”, hanno dichiarato i periti.
Dall’altra parte, le accuse sostengono che la dirigente medico non avrebbe preso le misure necessarie per prevenire l’interruzione di una gravidanza ad alto rischio. L’imputata ha replicato affermando che “il peso del bambino non è indicativo di scompenso diabetico, era dentro i limiti, non c’era un quadro clinico critico, i valori erano nella norma, compreso il liquido amniotico e anche il monitoraggio era andato bene tanto che le abbiamo detto di tornare dopo 3 giorni”.
Nel frattempo, la famiglia di Zohra Ben Salem ha ricevuto un risarcimento di 120.000 euro dall’assicurazione dell’ospedale. La prossima udienza del processo è fissata per il 27 maggio, quando si continuerà a esaminare la complessa vicenda che ha portato alla morte della madre e del suo feto.
Questa tragica situazione ha sollevato interrogativi sulla responsabilità del personale medico e sulla gestione dei casi di gravidanza a rischio. La comunità è in attesa di ulteriori sviluppi, mentre il processo prosegue e la famiglia continua a cercare giustizia per la perdita subita. La morte di Zohra e del suo feto rappresenta una dolorosa perdita per la sua famiglia e un caso che ha colpito profondamente l’opinione pubblica.
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