Nel 2013, l’Italia fu scossa da un tragico duplice omicidio che vide protagonista Pasquale Iacovone, il quale uccise i suoi due figli, Andrea e Davide, rispettivamente di 13 e 9 anni. L’omicidio avvenne a Ono San Pietro, in Valcamonica, dove Iacovone soffocò i bambini a letto prima di appiccare un incendio nella loro abitazione, cercando di simulare un incidente. Dopo una condanna all’ergastolo, ora, a dieci anni di distanza, ha ottenuto un permesso premio.
La madre dei bambini, Erica Patti, ha espresso la sua angoscia e paura per la possibilità che l’assassino dei suoi figli possa tornare in libertà. In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, ha dichiarato: “Mi ritrovo a vivere, di nuovo, nella paura: quella di non sapere quando può uscire l’assassino dei tuoi figli. Peraltro, non esistono nemmeno misure restrittive particolari in questi casi: penso a un braccialetto elettronico, a un divieto di avvicinamento, per esempio. Questo mi inquieta moltissimo”.
Erica Patti ha manifestato la sua convinzione che Iacovone non abbia mai smesso di volerla colpire: “Non ha finito. Io sono convintissima che tornerebbe. Perché lo scopo della sua vita è questo, annientare me. Oltretutto non ha mai dato segni di pentimento, nemmeno in forma ufficiosa o privata. Mai. E questo contribuisce ad alimentare il mio terrore”. La donna ha chiesto tutele specifiche in quanto vittima, sottolineando la necessità di essere coinvolti nel processo di rilascio dei permessi: “Dovremmo essere partecipi nel contraddittorio finalizzato al rilascio del permesso premio, esprimendo i motivi per i quali non vogliamo che questa persona esca. Attenzione, io non dico no a prescindere ai permessi, ci mancherebbe, il nostro carcere, da Costituzione, deve tendere alla riabilitazione, ma in certi casi, come un omicidio del genere, no”.
Il duplice omicidio di Andrea e Davide avvenne nel luglio 2013, quando Iacovone, in un atto di vendetta nei confronti della moglie, chiuse la porta della camera dei bambini dopo averli soffocati. Successivamente, versò benzina nell’abitazione e diede fuoco alla casa, cercando di far passare l’evento per un incidente. La separazione da Erica Patti, che lo aveva denunciato per stalking e minacce, fu un fattore determinante nella dinamica dell’omicidio, secondo i giudici, che stabilirono che l’atto fosse motivato da rancore e non da intenti suicidi.
La condanna all’ergastolo per Pasquale Iacovone sembrava chiudere un capitolo doloroso per Erica Patti, ma ora il rilascio in permesso premio ha riaperto ferite mai completamente cicatrizzate. La donna ha descritto la sua attuale condizione di vita come un continuo stato di allerta, affermando: “Ho vissuto prima, nel terrore, e vivo la stessa condizione oggi: non posso accettarlo. Non è giusto che io debba perennemente girarmi e guardarmi le spalle per paura di trovarmelo dietro”.
L’assegnazione di permessi premio a condannati per reati gravi come l’omicidio è un tema controverso in Italia. Mentre la legge prevede la possibilità di riabilitazione, le vittime e i familiari delle vittime spesso si sentono vulnerabili e privi di tutele adeguate. Erica Patti ha sollevato interrogativi sulla mancanza di misure di sicurezza per le vittime, evidenziando che in casi estremi come il suo, il sistema giuridico dovrebbe garantire una protezione maggiore.
La situazione di Pasquale Iacovone, ora in permesso premio, ha riacceso il dibattito sulla giustizia e sulla sicurezza delle vittime di reati violenti. Erica Patti, con il suo appello, rappresenta la voce di molti che si sentono abbandonati dal sistema e che chiedono un’attenzione particolare alle loro esigenze di protezione.



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