Un caso che sta suscitando attenzione e dibattito riguarda Ismael Bara, un ragazzo di 18 anni nato a Napoli e residente a Modena, affetto dalla sindrome di West, una forma grave di epilessia che gli impedisce di parlare. Nonostante abbia diritto alla cittadinanza italiana, il giovane si trova bloccato a causa di un requisito formale: non è in grado di pronunciare il “sì” necessario per confermare la sua volontà di diventare cittadino italiano.
A portare alla luce questa vicenda è stata la sorella Aisha Bara, residente a Sant’Ilario d’Enza, che ha deciso di condividere la storia con la stampa locale, in particolare con la Gazzetta di Modena. La situazione ha generato indignazione, soprattutto per il lungo iter burocratico che la famiglia dovrà affrontare per ottenere un diritto che dovrebbe essere garantito senza discriminazioni.
Secondo quanto raccontato da Aisha, il problema è emerso tre mesi fa, quando la madre ha ricevuto una comunicazione dal Comune. Il messaggio informava che Ismael, avendo compiuto 18 anni, aveva diritto alla cittadinanza italiana. Tuttavia, per completare la procedura, era necessario che il ragazzo esprimesse verbalmente il suo consenso. La madre si è immediatamente attivata, fornendo tutta la documentazione richiesta, inclusa una certificazione dell’amministratore di sostegno che attestava la sua impossibilità di parlare. Nonostante ciò, le autorità dello stato civile hanno ribadito che senza il consenso verbale dell’interessato non è possibile procedere.
«È disabile grave e non parla: per questo non è riuscito a pronunciare la fatidica formula ‘Sì, voglio diventare cittadino italiano’», ha spiegato Aisha. «A causa di questa impossibilità, dovuta alla sua patologia, non ha ottenuto la cittadinanza o meglio: noi familiari dovremo intraprendere un lungo percorso burocratico in Prefettura. In un Paese civile mi pare assurdo». La sorella ha inoltre sottolineato che, secondo le stime, potrebbero volerci fino a tre anni per completare l’iter.
La vicenda appare ancora più paradossale considerando le radici della famiglia. «Siamo originari del Brasile – ha raccontato Aisha – ma io mi sento italiana, sono cresciuta qui e mio fratello è nato a Napoli». La giovane ha espresso il suo disappunto per quello che considera un trattamento discriminatorio nei confronti delle persone con disabilità: «Credo non sia giusto che le persone diversamente abili vengano discriminate in questo modo: devono attendere anni per ottenere una cittadinanza solo perché non riescono a dire ‘sì, voglio essere italiano’».
Nel tentativo di trovare una soluzione, Aisha si è rivolta al sindaco della città. «È stato gentile e mi ha risposto subito, ma dagli uffici comunali mi hanno ribadito che la legge è uguale per tutti», ha spiegato. Tuttavia, la sua denuncia pubblica ha attirato anche critiche e insulti sui social media. «Mi hanno accusata di voler ottenere la pensione di invalidità di mio fratello, ma lui già la percepisce da anni. Io voglio solo tutelare i suoi diritti», ha chiarito.
La giovane ha anche condiviso le difficoltà personali legate alla situazione. «Lavoro nel Reggiano da anni, ho un contratto a tempo indeterminato e sto ancora aspettando di richiedere la mia cittadinanza. Non cerco scorciatoie: voglio solo aiutare mio fratello, che da solo non può difendersi», ha concluso.
La vicenda di Ismael Bara pone interrogativi sul trattamento riservato alle persone con disabilità nel contesto delle leggi sulla cittadinanza italiana. Mentre la famiglia si prepara ad affrontare un lungo percorso burocratico, la storia continua a far discutere sull’equità e sull’accessibilità delle procedure amministrative nel Paese.
Add comment